Mc 7, 32-37
Portarono
da Gesù un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano.
Un altro ‘segno’ (come Giovanni chiama i miracoli). Sottolineo
questo termine, perché è fondamentale nel capire il significato di quei gesti
miracolosi che a volte Gesù fa. Quando si parla di miracoli il nostro
immaginario culturale e anche religioso ci porta spesso fuori strada. O meglio,
ci porta a soffermarci sull’eccezionalità dell’evento (se ne parla, se ne fa
pubblicità, se ne scrive o ci si stupisce) oppure sull’utilità che potrebbe
avere per noi (specialmente se abbiamo dei problemi, delle difficoltà da
affrontare oppure dei problemi di salute). In altre parole, finiamo sempre per
valutarli secondo la nostra necessità e secondo le nostre esigenze. E da qui
parte la caccia ai miracoli, alle guarigioni e agli eventi eccezionali che così
spesso caratterizza una certa religiosità popolare.
In realtà, se guardiamo bene gli eventi dei vangeli, anche i
miracoli stessi, ci accorgiamo che, oltre al fatto che di miracoli ce ne sono
tutto sommato pochini, man mano che la vita di Gesù procede verso la sua conclusione
di miracoli ce ne sono sempre di meno, fino a sparire del tutto.
E’ una constatazione curiosa: inizialmente Gesù diventa famoso
proprio perché fa miracoli, ma invece di continuare ad attirare a sé con questi
gesti eclatanti, smette di farne, con il risultato che la gente non lo segue
più. Noi avremmo fatto molto diversamente. Le cose che lui fa, quindi anche i
miracoli, sono sempre dei segnali, delle indicazioni. Non hanno lo scopo di
risolvere dei problemi, anche se un po’ lo fanno, perché se fosse quello il
loro scopo Gesù avrebbe dovuto guarire tutti i sordomuti, non solo uno. E tutti
i ciechi, tutti gli zoppi, tutti i malati…
Ogni gesto di Gesù è un segno che indica la presenza di Dio nel
mondo, ma non la piega alle nostre esigenze e alle nostre aspettative. Anche i
gesti di Gesù, non solo le sue parole, sono delle rivelazioni, delle cose che
Dio ci sta dicendo. E siccome le parole di Dio hanno come scopo principale non
quello di assecondare le nostre curiosità ma quello di rivelarci chi sia Dio e
chi siamo noi, anche i gesti, i segni e i miracoli non servono ad accontentare
i nostri desideri ma a indicarci qualcosa di Dio e di noi.
In questo episodio non c’è un solo sordomuto, ce ne sono almeno
tre.
Il primo è l’uomo che viene portato da Gesù.
Ma nei vangeli ogni uomo
che incontra Gesù diventa segno dell’Uomo che incontra Dio.
Il sordomuto quindi è anche ciascuno di noi. La maggior parte di
noi ci sente bene e sa parlare, ma queste capacità sono quelle fisiche,
biologiche. Gesù è venuto a svelare anche quella parte di noi che non è solo
fisica, materiale, ma anche quella che a lui interessa di più che è quella
spirituale, interiore, divina, che spesso dimentichiamo e lasciamo da parte,
impegnati come siamo ad occuparci delle nostre necessità materiali e fisiche.
Che sono certo importanti, ma non sono le sole che fanno parte di noi. Certamente
siamo udenti e parlanti fisicamente. Ma spiritualmente? Se proviamo a parlare
di cose grandi, eterne, divine, ci accorgiamo che non sappiamo cosa dire. Siamo
muti o quasi. Non sappiamo esprimerle, oppure, proprio come i sordomuti, ci
esprimiamo male, facciamo fatica, non siamo chiari. Perché? Perché siamo sordi.
Non siamo capaci di ascoltare Dio, di ricevere la sua presenza e le sue parole.
E quindi non sappiamo dire niente di lui. Come si fa a dire chi è Dio, cosa
vuole, cosa pensa, cosa dice? Per un cristiano dovrebbe essere facilissimo, o
almeno non troppo difficile. Dio ha parlato, ha detto un sacco di cose, cosa
vuole, cosa pensa, cosa vive. Se lo abbiamo ascoltato, se non siamo stati sordi
alle sue parole, dovremmo essere dei buoni parlatori di Dio. Invece ahimè siamo
spesso sordi e quindi muti. Ecco allora che quello che avviene all’uomo del
vangelo diventa un segno, una indicazione per noi per capire come farsi guarire
dalla nostra sordità e dal nostro mutismo.
Lo
prese in disparte, lontano dalla folla,
La prima cosa che Gesù fa è allontanare il sordomuto dalla
folla. La presenza della folla non impedisce certo a Gesù di agire, ma
impedisce a noi di sentirlo. Quella folla di cose, persone, impegni, suoni,
musica, preoccupazioni, corse, che riempie la nostra giornata è il primo vero
ostacolo che dobbiamo togliere. Finchè ci saremo immersi sarà molto difficile
che, anche se Dio ci parlasse, riusciremmo a sentirlo. Quindi per sentire la
voce di Dio bisogna abbassare il volume di tutte le altre.
gli
pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua;
Gesù tocca l’uomo. In questo caso non agisce a distanza, ma
entra in contatto fisico con l’uomo: gli mette il dito negli orecchi e gli
tocca la lingua. Un episodio simile, con uguali gesti è riportato da Marco:
Gli condussero un
cieco pregandolo di toccarlo. Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori
del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le
mani e gli chiese: “Vedi qualcosa?”. Quegli, alzando gli occhi, disse: “Vedo
gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano”. Allora gli impose di
nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a
distanza ogni cosa. E lo rimandò a casa dicendo: “Non entrare nemmeno nel
villaggio”. Mc 8, 22-26
Un cieco portato da Gesù, lui che lo allontana dalla folla, la
saliva sugli occhi, l’ordine di non incontrarsi con nessuno. La differenza è
che in questo testo di Marco il protagonista è un cieco. Ma la vista e l’udito
sono i nostri canali principali di percezione del mondo che ci circonda. Se non
vediamo e non sentiamo, come possiamo comunicare? Ma soprattutto, trasponendo
questi meccanismi alla nostra spiritualità, come possiamo comunicare qualcosa
di Dio se non abbiamo ascoltato e visto niente di lui?
Come potranno
invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza
averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunci?
Rm 10, 14-15
Senza una esperienza ravvicinata di incontro con Cristo l’annuncio
della fede diventa una pura formalità: si rischia di parlare di qualcosa di cui
non si ha esperienza, di ripetere una lezione imparata a memoria, di comunicare
qualcosa che non si è vissuto.
guardando
quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!».
E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e
parlava correttamente.
Se occhi e orecchie sono chiusi non siamo in grado di aprirli da
soli. Occorre un intervento. Nell’ottica spirituale occorre l’intervento di
Cristo stesso. Se lui non ordina l’apertura i nostri sforzi saranno vani. Nel
testo c’è un particolare però che rende questo intervento particolarmente
rilevante (se già non lo fosse per la guarigione stessa): non solo il muto può
parlare, ma parla correttamente. Non solo ha la voce, ma sa anche come usarla,
cosa che in sé non è automatica: anche un bambino ha la voce, ma deve ancora
imparare a formulare le parole e a usarle in modo appropriato. Virando sempre
verso il livello spirituale, solo l’incontro con Cristo, diretto e di persona,
se vogliamo anche fisico, permette di parlarne ‘correttamente’. Chiunque
potrebbe memorizzare delle informazioni su Gesù e farne il tema di una
conferenza, di una lezione o di un libro. Ma solo che lo ha incontrato
personalmente, lontano dalla folla, ed è stato toccato da lui negli orecchi,
negli occhi e sulla lingua, può comunicare correttamente questa esperienza di
incontro. Parlare di Gesù non è come parlare con Gesù. Anche un ateo può
parlare di Gesù, ma solo chi ha sperimentato l’incontro personale con lui, solo
chi è stato da lui toccato e guarito può parlare di Gesù ‘correttamente’.
E
comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo
proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire
i sordi e fa parlare i muti!».
Ecco il terzo sordomuto: la folla che sta intorno a Gesù e che
lo vede compiere il segno. Prima sono tutti muti, tutti zitti. Prima del
miracolo non dicono una parola. Poi non riescono più a stare zitti, neppure se
Gesù glielo ordina.
Ha fatto bene ogni
cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!
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