giovedì 10 settembre 2015

Non vedo, non sento, non parlo



Mc 7, 32-37

Portarono da Gesù un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano.

Un altro ‘segno’ (come Giovanni chiama i miracoli). Sottolineo questo termine, perché è fondamentale nel capire il significato di quei gesti miracolosi che a volte Gesù fa. Quando si parla di miracoli il nostro immaginario culturale e anche religioso ci porta spesso fuori strada. O meglio, ci porta a soffermarci sull’eccezionalità dell’evento (se ne parla, se ne fa pubblicità, se ne scrive o ci si stupisce) oppure sull’utilità che potrebbe avere per noi (specialmente se abbiamo dei problemi, delle difficoltà da affrontare oppure dei problemi di salute). In altre parole, finiamo sempre per valutarli secondo la nostra necessità e secondo le nostre esigenze. E da qui parte la caccia ai miracoli, alle guarigioni e agli eventi eccezionali che così spesso caratterizza una certa religiosità popolare.
In realtà, se guardiamo bene gli eventi dei vangeli, anche i miracoli stessi, ci accorgiamo che, oltre al fatto che di miracoli ce ne sono tutto sommato pochini, man mano che la vita di Gesù procede verso la sua conclusione di miracoli ce ne sono sempre di meno, fino a sparire del tutto.
E’ una constatazione curiosa: inizialmente Gesù diventa famoso proprio perché fa miracoli, ma invece di continuare ad attirare a sé con questi gesti eclatanti, smette di farne, con il risultato che la gente non lo segue più. Noi avremmo fatto molto diversamente. Le cose che lui fa, quindi anche i miracoli, sono sempre dei segnali, delle indicazioni. Non hanno lo scopo di risolvere dei problemi, anche se un po’ lo fanno, perché se fosse quello il loro scopo Gesù avrebbe dovuto guarire tutti i sordomuti, non solo uno. E tutti i ciechi, tutti gli zoppi, tutti i malati…
Ogni gesto di Gesù è un segno che indica la presenza di Dio nel mondo, ma non la piega alle nostre esigenze e alle nostre aspettative. Anche i gesti di Gesù, non solo le sue parole, sono delle rivelazioni, delle cose che Dio ci sta dicendo. E siccome le parole di Dio hanno come scopo principale non quello di assecondare le nostre curiosità ma quello di rivelarci chi sia Dio e chi siamo noi, anche i gesti, i segni e i miracoli non servono ad accontentare i nostri desideri ma a indicarci qualcosa di Dio e di noi.


In questo episodio non c’è un solo sordomuto, ce ne sono almeno tre.
Il primo è l’uomo che viene portato da Gesù. 
Ma nei vangeli ogni uomo che incontra Gesù diventa segno dell’Uomo che incontra Dio.
Il sordomuto quindi è anche ciascuno di noi. La maggior parte di noi ci sente bene e sa parlare, ma queste capacità sono quelle fisiche, biologiche. Gesù è venuto a svelare anche quella parte di noi che non è solo fisica, materiale, ma anche quella che a lui interessa di più che è quella spirituale, interiore, divina, che spesso dimentichiamo e lasciamo da parte, impegnati come siamo ad occuparci delle nostre necessità materiali e fisiche. Che sono certo importanti, ma non sono le sole che fanno parte di noi. Certamente siamo udenti e parlanti fisicamente. Ma spiritualmente? Se proviamo a parlare di cose grandi, eterne, divine, ci accorgiamo che non sappiamo cosa dire. Siamo muti o quasi. Non sappiamo esprimerle, oppure, proprio come i sordomuti, ci esprimiamo male, facciamo fatica, non siamo chiari. Perché? Perché siamo sordi. Non siamo capaci di ascoltare Dio, di ricevere la sua presenza e le sue parole. E quindi non sappiamo dire niente di lui. Come si fa a dire chi è Dio, cosa vuole, cosa pensa, cosa dice? Per un cristiano dovrebbe essere facilissimo, o almeno non troppo difficile. Dio ha parlato, ha detto un sacco di cose, cosa vuole, cosa pensa, cosa vive. Se lo abbiamo ascoltato, se non siamo stati sordi alle sue parole, dovremmo essere dei buoni parlatori di Dio. Invece ahimè siamo spesso sordi e quindi muti. Ecco allora che quello che avviene all’uomo del vangelo diventa un segno, una indicazione per noi per capire come farsi guarire dalla nostra sordità e dal nostro mutismo.

Lo prese in disparte, lontano dalla folla,

La prima cosa che Gesù fa è allontanare il sordomuto dalla folla. La presenza della folla non impedisce certo a Gesù di agire, ma impedisce a noi di sentirlo. Quella folla di cose, persone, impegni, suoni, musica, preoccupazioni, corse, che riempie la nostra giornata è il primo vero ostacolo che dobbiamo togliere. Finchè ci saremo immersi sarà molto difficile che, anche se Dio ci parlasse, riusciremmo a sentirlo. Quindi per sentire la voce di Dio bisogna abbassare il volume di tutte le altre.

gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua;

Gesù tocca l’uomo. In questo caso non agisce a distanza, ma entra in contatto fisico con l’uomo: gli mette il dito negli orecchi e gli tocca la lingua. Un episodio simile, con uguali gesti è riportato da Marco:

Gli condussero un cieco pregandolo di toccarlo. Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: “Vedi qualcosa?”. Quegli, alzando gli occhi, disse: “Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano”. Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa. E lo rimandò a casa dicendo: “Non entrare nemmeno nel villaggio”. Mc 8, 22-26

Un cieco portato da Gesù, lui che lo allontana dalla folla, la saliva sugli occhi, l’ordine di non incontrarsi con nessuno. La differenza è che in questo testo di Marco il protagonista è un cieco. Ma la vista e l’udito sono i nostri canali principali di percezione del mondo che ci circonda. Se non vediamo e non sentiamo, come possiamo comunicare? Ma soprattutto, trasponendo questi meccanismi alla nostra spiritualità, come possiamo comunicare qualcosa di Dio se non abbiamo ascoltato e visto niente di lui?

Come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunci? Rm 10, 14-15

Senza una esperienza ravvicinata di incontro con Cristo l’annuncio della fede diventa una pura formalità: si rischia di parlare di qualcosa di cui non si ha esperienza, di ripetere una lezione imparata a memoria, di comunicare qualcosa che non si è vissuto.


guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.

Se occhi e orecchie sono chiusi non siamo in grado di aprirli da soli. Occorre un intervento. Nell’ottica spirituale occorre l’intervento di Cristo stesso. Se lui non ordina l’apertura i nostri sforzi saranno vani. Nel testo c’è un particolare però che rende questo intervento particolarmente rilevante (se già non lo fosse per la guarigione stessa): non solo il muto può parlare, ma parla correttamente. Non solo ha la voce, ma sa anche come usarla, cosa che in sé non è automatica: anche un bambino ha la voce, ma deve ancora imparare a formulare le parole e a usarle in modo appropriato. Virando sempre verso il livello spirituale, solo l’incontro con Cristo, diretto e di persona, se vogliamo anche fisico, permette di parlarne ‘correttamente’. Chiunque potrebbe memorizzare delle informazioni su Gesù e farne il tema di una conferenza, di una lezione o di un libro. Ma solo che lo ha incontrato personalmente, lontano dalla folla, ed è stato toccato da lui negli orecchi, negli occhi e sulla lingua, può comunicare correttamente questa esperienza di incontro. Parlare di Gesù non è come parlare con Gesù. Anche un ateo può parlare di Gesù, ma solo chi ha sperimentato l’incontro personale con lui, solo chi è stato da lui toccato e guarito può parlare di Gesù ‘correttamente’.

E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Ecco il terzo sordomuto: la folla che sta intorno a Gesù e che lo vede compiere il segno. Prima sono tutti muti, tutti zitti. Prima del miracolo non dicono una parola. Poi non riescono più a stare zitti, neppure se Gesù glielo ordina.

Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!


1 commento:

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