Mt 22, 1-14
Gesù,
riprese a parlare con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re,
che fece una festa di nozze per suo figlio.
L’immagine delle nozze e del banchetto ha un significato
particolare, perché nella tradizione biblica viene usata come immagine del
paradiso, della resurrezione e della vita eterna:
Preparerà il Signore degli eserciti
per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande,
un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su questo monte
il velo che copriva la faccia di tutti i popoli
e la coltre distesa su tutte le nazioni.
Eliminerà la morte per sempre.
Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto,
l’ignominia del suo popolo
farà scomparire da tutta la terra,
poiché il Signore ha parlato.
E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio;
in lui abbiamo sperato perché ci salvasse.
Questi è il Signore in cui abbiamo sperato;
rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza,
poiché la mano del Signore si poserà su questo monte». Is 25, 6-10
per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande,
un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su questo monte
il velo che copriva la faccia di tutti i popoli
e la coltre distesa su tutte le nazioni.
Eliminerà la morte per sempre.
Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto,
l’ignominia del suo popolo
farà scomparire da tutta la terra,
poiché il Signore ha parlato.
E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio;
in lui abbiamo sperato perché ci salvasse.
Questi è il Signore in cui abbiamo sperato;
rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza,
poiché la mano del Signore si poserà su questo monte». Is 25, 6-10
Ma nell’immagine delle nozze c’è un altro richiamo che non
dobbiamo dimenticare:
…gli dissero: “I
discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno orazioni; così pure i discepoli
dei farisei; invece i tuoi mangiano e bevono!”. Gesù rispose: “Potete far
digiunare gli invitati a nozze, mentre lo sposo è con loro? Lc 5, 33-34
Non c’è solo il richiamo al paradiso come banchetto nuziale, ma
Gesù stesso è lo sposo. Quindi l’invito di cui si parla nella parabola è un
invito specialissimo.
Egli
mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano
venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco,
ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già
uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e
andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi
servi, li insultarono e li uccisero.
L’immagine bella dell’invito alle nozze viene rovinata dal
rifiuto degli invitati a partecipare. Nel testo parallelo di Luca vengono evidenziati
meglio i motivi di questo rifiuto:
Un uomo diede una
grande cena e fece molti inviti. All'ora della cena, mandò il suo servo a dire
agli invitati: Venite, è pronto. Ma tutti, all'unanimità, cominciarono a
scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti
prego, considerami giustificato. Un altro disse: Ho comprato cinque paia di
buoi e vado a provarli; ti prego, considerami giustificato. Un altro disse: Ho
preso moglie e perciò non posso venire. Lc 14, 15-20
Gli affari e gli affetti sono i motivi dei rifiuto. Si rinuncia
al banchetto nuziale per qualcosa che conviene di più (gli affari) o qualcuno
che si ama di più (gli affetti). Ma facendo questo si rinuncia a tutto ciò che
l’invito implica: la vita eterna, il paradiso e la resurrezione. Come è
possibile che si possa rinunciare a questa beatitudine per scegliere
qualcos’altro, per quanto conveniente e piacevole? Gesù stesso si stupisce di
questo rifiuto, che diventa in alcune occasioni ostilità.
…non potè operare
nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. E si
meravigliava della loro incredulità. Mc 6, 5-6
All'udire queste
cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono
fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro
città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Lc 4, 28-30
Poi
disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano
degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete,
chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti
quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di
commensali. Il re entrò per vedere i
commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse:
“Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì.
Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle
tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma
pochi eletti».
Strana conclusione della parabola. Non finisce con gli invitati
di ripiego che sostituiscono gli altri. Anche tra chi ha accettato l’invito c’è
qualcuno che non va bene. E qual è il motivo? Un vestito. Com’è possibile?
L’abito nuziale era richiesto come ‘divisa’ di chi partecipava alle nozze. Il
non metterlo era un segno di scortesia, di poco rispetto. Un po’ come da noi ci
si stupirebbe se ad un matrimonio tra gli invitati elegantissimi sbucasse uno
in canottiera e infradito. Pure nel nostro mondo occidentale, in cui ormai non
ci si stupisce più di nulla, un tale comportamento sarebbe segno di
superficialità, di disinteresse, forse anche di disprezzo da parte
dell’invitato.
Nella parabola l’abito nuziale è il segno che l’invitato, anche
se magari è uno dei ‘cattivi’ raccolti per strada, vuole partecipare alla
festa, accetta l’invito e vuole presentarsi bene, e non far sfigurare chi lo ha
invitato.
Chi non indossa l’abito nuziale invece dà un messaggio di
disprezzo verso chi lo ha invitato.
In altre parole l’abito, come ci suggerisce il termine latino
‘habitus’, non è solo un vestito: è il nostro stesso modo di essere. Tanto è
vero che l’espressione ‘stile di vita’ in latino si traduce vitae habitus.
L’invitato della parabola ha sì accettato l’invito, ma non ha
voluto cambiare il suo stile di vita. Ha voluto continuare a essere come prima,
non vuole cambiarsi, non vuole cambiare. Vengono invitati sì anche i cattivi,
ma a condizione che si convertano.
Gesù lo trovò nel
tempio e gli disse: “Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia
ad accadere qualcosa di peggio”. Gv 5, 14
Rimase solo Gesù con
la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna, dove sono? Nessuno
ti ha condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse:
“Neanch'io ti condanno; va’ e d'ora in poi non peccare più”. Gv 8, 9-11
L’enigma del rifiuto a Dio, in altre parole del peccato, è
veramente qualcosa di misterioso. Noi il peccato lo riduciamo spesso a una
semplice violazione di una norma morale, ma il rifiuto all’invito di Dio è
qualcosa di terribile e immensamente grave per le conseguenze che può portare
in noi.
Ma come accade spesso in queste situazioni ostili Dio, pur
rivelando chiaramente le conseguenze disastrose per noi, riesce a escogitare
una reazione contraria e altrettanto potente: la morte in croce di Gesù. Se il
peccato fosse, come spesso lo consideriamo noi, un semplice violare delle
norme, che senso avrebbe il sacrificio di Gesù? Nella parabola che stiamo
leggendo ci sono due decisioni terribili del re, come conseguenza del rifiuto
che gli viene opposto:
mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle
fiamme la loro città.
e
Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà
pianto e stridore di denti
Uccisi e gettati fuori.
Se il banchetto è la vita eterna, il rifiuto è la morte: uccisi.
Se il banchetto è il paradiso, il rifiuto è l’inferno: gettati
fuori.
Non è solo una questione di semplice maleducazione o scortesia
da parte degli invitati. Rifiutare l’invito alle nozze significa ben altro che
una semplice trasgressione. E’ il disastro totale. E’ lo scegliere
consapevolmente il fallimento definitivo, la morte, l’inferno. Eppure l’uomo
riesce a desiderare anche questo.
E siccome Dio rispetta la decisione e la libertà dell’uomo e non
vuole impedire questa scelta, neppure se porta all’inferno, risponde a questo
rifiuto con una iniziativa che non viola la nostra libertà: si sostituisce a
noi nelle conseguenze della nostra scelta: essere ucciso e essere gettato fuori.
Gesù è diventato lui stesso rifiuto, morte, inferno, come ha evidenziato san
Paolo nella lettera agli Efesini:
Cristo Gesù, pur
essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con
Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile
agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino
alla morte e alla morte di croce.
Per questo Dio
l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché
nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra;
e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.
Quindi, miei
cari, obbedendo come sempre, non solo come quando ero presente, ma molto più
ora che sono lontano, attendete alla vostra salvezza con timore e tremore. E'
Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli
disegni. Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, perché siate
irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione
perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo
alta la parola di vita. Allora nel giorno di Cristo, io potrò vantarmi di non
aver corso invano né invano faticato. E anche se il mio sangue deve essere
versato in libagione sul sacrificio e sull'offerta della vostra fede, sono
contento, e ne godo con tutti voi. Allo stesso modo anche voi godetene e
rallegratevi con me. Fil 2, 6-17
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