mercoledì 1 ottobre 2014

Fatti, non parole



Mt 21, 28-32

Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».

Ancora l’immagine della vigna, particolarmente cara a Gesù. Ma questa volta non c’è più un padrone e dei servi. I protagonisti sono un padre e i suoi figli. Un cambio di prospettiva importante, di cui dobbiamo tenere conto. Gesù sta parlando non più alla folla e ai discepoli, ma ‘ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo’. Questi hanno un ruolo di guida del popolo eletto, sono, se vogliamo, i ‘primi tra i figli’. E hanno quindi il compito di essere i primi non solo negli onori, ma anche e soprattutto nell’impegno. Come vedremo nelle prossime domeniche, Gesù ha alcune rimostranze da far presenti ai ‘capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo’ di allora. Potrebbe essere interessante provare a fare un parallelo con i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo di oggi, le guide religiose e politiche. La situazione non è confrontabile in blocco, ovviamente, se non altro perché allora, in Israele, non c’era distinzione tra autorità religiosa e civile. Ma ci sarebbero molti spunti su cui riflettere: le guide di oggi sono capaci di mettersi in discussione?


E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

Ovviamente il richiamo di Gesù è riferito alla rivelazione divina, portata avanti dai profeti e completata da Gesù stesso, che qui richiama le autorità facendo riferimento a Giovanni Battista, che da tutti era riconosciuto come un profeta, e che Gesù personalmente considera come il suo precursore, colui che aveva il compito di collegare i profeti con Gesù stesso, che quella rivelazione è venuto a completare. L’accusa di Gesù è di non aver voluto ascoltare il suo messaggio, di non aver voluto mettersi in discussione. Sarà la stessa difficoltà con cui si scontrerà lui stesso.

Le autorità di allora seguivano uno schema che potremmo definire di suddivisione sociale: gli osservanti (in prima fila i farisei) e i pubblicani. Tutti gli osservanti erano giusti e tutti i pubblicani peccatori. Il problema stava nella definizione di ‘osservanti’. Gesù è il primo ad affermare che la Legge rivelata deve essere praticata attentamente. Ma cosa vuol dire mettere in pratica la Legge? Per i farisei significa osservare formalmente ogni singolo precetto. Per Gesù significa capire il senso profondo dei precetti. Cosa certamente molto più difficile. I capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, dovendo in qualche modo codificare e dare indicazioni pratiche al popolo, tendevano a dare importanza sempre maggiore alle norme stesse, da applicare scrupolosamente, rischiando di dimenticare il senso di quelle stesse pratiche. Da qui l’accumularsi di precetti da osservare sempre più rigidamente e scrupolosamente, fino ad arrivare ai 613 Mitzvot dell’ebraismo ortodosso.

http://it.wikipedia.org/wiki/613_Mitzvot

Prendiamo ad esempio l’osservanza del Sabato. Il senso originale del precetto è quello di dedicare un giorno della settimana a Dio, per affermarne la centralità e l’importanza. Come praticare questo precetto? La tradizione ebraica definisce sempre meglio le modalità:

http://it.wikipedia.org/wiki/Shabbat (Da notare in particolare le azioni vietate)


Come si può notare immediatamente, il grande rischio è che le prescrizioni prendano il posto del significato: quando posso dire di aver osservato il sabato? Quando ho compiuto tutte le prescrizioni oppure quando ho saputo dare veramente spazio a Dio?
Gesù parte da un presupposto diverso: per lui conta la capacità di ascolto della parola di Dio e di  conseguente conversione profonda e personale, che certamente si concretizza anche in gesti precisi, ma questi sono appunto le conseguenze, il modo di praticare nei fatti quello che si ha intenzione di fare.
Il rischio della casistica farisaica era quello di dare esclusiva importanza ai gesti compiuti.

Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande”. Mt 7, 21-27

Ecco perché Gesù fa il paragone con le prostitute e i pubblicani (paragone che deve essere stato percepito come assai ostico e irritante per gli ascoltatori). Loro, nonostante la propria condizione criticabile sono stati capaci di mettersi in discussione. Voi no.


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