Gv 14, 1-12
Gesù
disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio
e abbiate fede anche in me.
Gesù non parla mai, mi pare, di fede come spesso la intendiamo
noi, come questione dell’esistenza di Dio. Gesù spinge verso un rapporto
personale con lui, che è cosa molto diversa dalla discussione accademica o
filosofica sulla sua esistenza. Discussione che peraltro, anche se portasse a
una dimostrazione chiara ed evidente, non servirebbe a fare il minimo passo verso
l’incontro con lui. Sapere o dimostrare che Dio esiste non è la stessa cosa che
incontrarlo. Quantificare e dimostrare, pur essendo passi importanti del sapere
umano, si svolgono a un livello diverso da quello dell’esperienza dell’incontro
personale.
I grandi amano le cifre. quando voi gli parlate di un nuovo
amico, mai si interessano alle cose essenziali. Non si domandano mai: “qual è
il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di
farfalle?”. Ma vi domandano: “Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto
guadagna suo padre?”. Allora soltanto credono di conoscerlo. Se voi dite ai
grandi: “Ho visto una bella casa in mattoni rosa, con dei gerani alle finestre,
e dei colombi sul tetto”, loro non arrivano a immaginarsela. Bisogna dire: “Ho
vista una casa di centomila lire”. E allora esclamano: “Com’è bella!”. Così, se
voi gli dite: “La prova che il piccolo principe è esistito sta nel fatto che
era bellissimo, che rideva e che voleva una pecora. Quando uno vuole una pecora
è la prova che esiste”. Beh, loro alzeranno le spalle, e vi tratteranno come un
bambino. Ma se voi invece gli dite: “Il pianeta da dove veniva è l’asteroide
B612”, allora ne sono subito convinti e vi lasceranno in pace con le domande.
Sono fatti così, non c’è da prendersela. I bambini devono essere
indulgenti con i grandi.
Antoine
de Saint Exùpery . Il piccolo principe, cap. IV
Il testo del Piccolo Principe non è forse un testo accademico e
autorevole riguardo al tema della fede, ma mi sembra molto illuminante nella
sua apparente semplicità. L’esistenza di Dio, quand’anche fosse dimostrata, non
porterebbe nulla in quanto tale alla nostra vita quotidiana e ai nostri
rapporti interpersonali. La presenza percettibile di Dio renderebbe superflua
qualunque discussione sulla sua esistenza, e permetterebbe inoltre di occuparsi
delle conseguenze di questa presenza nella nostra vita. Lo so che la questione
è molto più complessa, ma ritengo che la presenza, l’azione e le parole di
Cristo vadano proprio nella direzione del rendere possibile l’incontro e la
conoscenza personale con lui, che è ciò che in senso vitale ci coinvolge di più.
Il termine ‘fede’, così come lo usa Gesù, va più nella direzione
della fiducia personale che in quella della conoscenza intellettuale, anche se
nulla vieta che le due strade possano essere entrambe percorse e che i due
aspetti della fede si possano integrare e anzi completare a vicenda. Ma qui
Gesù invita a fidarsi di lui, e la fiducia implica una conoscenza personale che
la pura speculazione filosofica e intellettuale non può dare.
Nella
casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a
prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di
nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove
io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai;
come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e
la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Quest’ultima affermazione di Gesù è molto forte. Già nel vangelo
della domenica precedente aveva detto:
…chi non entra nel
recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un
brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore … io sono la
porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti.
Gv 10, 1-8
Dichiarazioni certo poco diplomatiche, che urtano con la nostra
mentalità possibilista e un po’ facilona per cui ciascuno fa quello che vuole
nel modo che preferisce nella convinzione che Dio si accontenti sempre e accetti
qualunque cosa, basta che sia fatta in buona fede. In realtà riguardo a questo
invece Gesù è molto chiaro. Non tutte le strade portano a Dio, non tutte le
convinzioni sono verità, e non tutti i comportamenti sono vita. E’ ciò che
intende anche Pietro nel discorso al portico di Salomone:
Questo
Gesù è la pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata
d'angolo. In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli
uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati”. At 4,
11-12
Questo però apre una questione molto importante e assai profonda:
e chi non passa attraverso Cristo? E chi non lo conosce? E chi lo conosce nel
modo sbagliato? In questo orizzonte si possono cercare con attenzione e
delicatezza le diverse possibilità, le diverse posizioni e le diverse
situazioni personali. Non tutti infatti hanno avuto la possibilità di conoscere
Cristo, e non per colpa loro. E non tutti, pur avendone avuto la
possibilità teorica, lo hanno conosciuto davvero (anche se potrebbe sembrare
così).
‘Chiunque invocherà
il nome del Signore sarà salvato’ (Gio 3,5). Ora, come potranno invocarlo senza
aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito
parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? Rm 10,
13-14
Come fa spesso, e in ogni caso come dobbiamo fare sempre noi
ascoltandola, la Parola di Dio ci mette in discussione e ci provoca
personalmente. L’invito non è tanto a stilare una classifica e una descrizione
di come gli altri potranno o non potranno salvarsi, ma è chiedersi se noi, che
Cristo lo abbiamo conosciuto, abbiamo assolto il nostro compito di testimoni nel modo dovuto. Innanzitutto
dobbiamo chiederci:
a) se lo abbiamo
incontrato davvero (parlare di lui ripetendo semplicemente delle cose sentite o
dei testi biblici non significa davvero avere con lui un profondo rapporto
personale)
b) se lo abbiamo
incontrato lo abbiamo veramente capito. La storia della chiesa è piena di
personaggi, laici ed ecclesiastici, che hanno presentato come cristiane delle idee
e delle posizioni che ben poco avevano a che vedere con Cristo, ma erano
piuttosto le loro idee, le loro fissazioni e le loro convinzioni.
c) se dopo averlo
incontrato e seguito siamo stati capaci di parlarne nel modo giusto, e di
aiutare gli altri a incontrarlo a loro volta.
Tutto questo rende evidente quanto la Parola di Dio, più che
essere uno strumento da brandire per accusare gli altri, deve essere uno
strumento per noi cristiani per mettere in discussione noi stessi, per aiutarci
a verificare se stiamo svolgendo bene il nostro compito di collaboratori di
Cristo.
Se gli altri non conoscono Cristo per colpa non loro e non
nostra, Cristo stesso troverà il modo per ripescarli (non dimentichiamo che è
senza Cristo che non c’è salvezza, non senza la chiesa. E’ certo possibile per
il Signore salvare anche al di fuori della Chiesa, che è lo strumento primario
dell’azione di Dio nel mondo, ma non l’unico).
Se gli altri non seguiranno Cristo nonostante lo abbiano
conosciuto bene e profondamente, porteranno le conseguenze della loro scelta
(anche se mi chiedo se sia possibile conoscere veramente Gesù e rifiutarlo).
Ma se gli altri non avranno conosciuto Cristo, o lo avranno
conosciuto male e in modo distorto per colpa nostra, non saranno loro a portare
le conseguenze di questo, ma noi. Di questo Dio ci chiederà conto.
Noi la Via l’abbiamo conosciuta. Noi sappiamo dov’è e chi è la
Porta, ma se non aiutiamo gli altri a trovarla o se li ostacoliamo o
addirittura li portiamo in una direzione sbagliata, saremo noi a pagarne le
conseguenze.
Come fa spesso, la Parola di Dio è uno strumento potente non per
accusare e giudicare gli altri, ma per verificare e valutare se stessi.
Se
avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e
lo avete veduto». Gli disse Filippo:
«Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono
con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il
Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre
e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il
Padre, che rimane in me, compie le sue opere.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro,
credetelo per le opere stesse.
Le ultime parole di Gesù in questo testo portano ancora oltre, verso
la conoscenza profonda di Cristo, che non si presenta solamente come un inviato
di Dio, ma si identifica con lui, pur nella complessa distinzione delle
personalità che porterà a riconoscere Dio come Trinità. Ma di questo parleremo
più avanti, quanto della santissima Trinità celebreremo la festa.