venerdì 7 febbraio 2014

paradosso



Lc 2, 22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

Il Tempio di Gerusalemme era per gli ebrei un riferimento fondamentale, molto più di quanto lo siano per noi le nostre chiese. Perché era unico. Ma soprattutto perché conteneva l’Arca dell’alleanza, in cui erano contenute le Tavole della Legge di Mosè. Su quest’Arca Dio aveva fatto scendere la sua presenza, e l’Arca era diventata il punto di riferimento fondamentale per il popolo di Israele, sia nel cammino nel deserto sia nel successivo stanziarsi in Palestina. L’Arca era stata racchiusa nel Tempio, che era diventato quindi l’unico luogo della presenza di Dio. Questo episodio della presentazione di Gesù, così apparentemente irrilevante, contiene in sé qualcosa di dirompente, perché…

E' in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità. Col 2, 9

Gesù viene presentato al Signore nel Tempio, ma Gesù è il Signore. Quindi cosa succederà? Per ora nulla. Nessuno conosce Gesù, o quasi.

  
A Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito Santo, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».

Il primo che riconosce Gesù come salvatore (‘i miei occhi hanno visto la tua salvezza’) è Simeone. Nelle sue parole comincia a intravedersi quella che sarà l’importanza di Gesù, come lo stesso Simeone dirà tra poco.

Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione affinché siano svelati i pensieri di molti cuori, e anche a te una spada trafiggerà l’anima».

Simeone ha capito l’importanza di quel bambino, che diventerà segno di contraddizione. Ma come fa Simeone a sapere tutto questo?

C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

Anche Anna lo riconosce. Nessun altro oltre a lei e a Simeone ha capito chi è quel bambino. Perché loro due lo riconoscono e gli altri no? I due vengono descritti in questo modo:

Simeone, uomo giusto e pio, aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui.
Anna … non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.

Credo che la loro situazione personale, se vogliamo la loro devozione, li abbia favoriti nel riconoscere la presenza del salvatore. Se la nostra vita è troppo piena di migliaia di cose, di impegni, di preoccupazioni, di pensieri, di attività, sarà molto difficile per noi saper vedere la presenza di Dio. Se ci saremo ‘allenati’ con il nostro modo di vivere, con la nostra preghiera quotidiana, con l’attenzione alla sua presenza, probabilmente saremo più preparati e predisposti a intravedere la sua azione e la sua parola. Certamente molte delle nostre attività sono importanti ed essenziali, ma forse alcune altre lo sono di meno, e un po’ più di attenzione a Dio potremmo dedicarla.


Tornando alla situazione che viene a crearsi nel Tempio nel momento della presentazione di Gesù, ha un che di paradossale: le centinaia, migliaia di persone che andavano al Tempio per incontrarsi con il Signore …non si accorgono che il Signore è lì. E’ ancora presto perché si crei lo scontro tra Gesù e il Tempio, ma i presupposti ci sono già. Sta accadendo qualcosa di nuovo e di inaspettato. Qualcosa che porterà conseguenze enormi: ora che c’è Gesù il tempio perde di importanza. Ma ci vorrà molto tempo perché qualcuno se ne renda conto. Sarà Gesù stesso a presentare, più avanti, il dilemma:

…i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Gv 2, 18-21

Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse: “Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta”. Lc 21, 5-6

Ma per ora non è ancora così. Gesù se ne torna a casa con la sua famiglia:

Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

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