Mt 2, 13-23
I
Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a
Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre
Prima di dire qualcosa ancora sulla figura di Giuseppe, richiamo
alla mente un altro testo, il cuore del vangelo che abbiamo ascoltato il giorno
di Natale:
il Verbo si fece carne e venne ad
abitare in mezzo a noi (Gv 1, 14)
Si fece carne. Carne come la nostra. Carne visibile, tangibile,
con cui si può interagire, comunicare, confrontarsi. Ma come si concretizza
questa carne? Ecco, la famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria con le loro
situazioni a volte difficili da affrontare, ci aiuta a cogliere questa
‘concretizzazione’, questa incarnazione, questo ‘abitare in mezzo a noi’ di
Dio.
Un primo motivo di interesse della figura di Giuseppe era stato
già notato ed è la sua difficile situazione personale, di un uomo che deve
accollarsi volente o nolente una responsabilità doppia, verso Maria e verso un
bambino che non è suo. Questa ‘paternità a metà’ ha degli ulteriori risvolti. Per
ben quattro volte in questo testo viene sottolineata la non paternità di
Giuseppe: ‘prendi il bambino e sua madre’ … ‘prese il bambino e sua madre’… Non
è suo figlio. È figlio di Maria ma non suo. È figlio di un altro. Un Altro con
la A maiuscola, ma pur sempre un altro. Maria da parte sua deve certamente
anche lei affrontare le sue perplessità e i suoi dubbi (li si vede chiaramente
nell’episodio dell’annunciazione), ma in Giuseppe tutte queste difficoltà mi
sembrano più vive, faticose. Maria ha in sé e partorisce un bambino che
proviene direttamente da Dio, ma ne è pur sempre la madre. Giuseppe non ha
neppure questo legame fisico. Eppure deve contemporaneamente rispondere alle
proprie responsabilità di marito, ai propri doveri di custode e ai comandi di
Dio.
Ed ecco che emerge un altro particolare proprio di Giuseppe: i
sogni. Ne abbiamo già visto uno al momento della rassicurazione che Dio gli dà
quando viene a sapere che Maria aspetta un bambino non suo. In questo testo i
sogni sono il modo continuo con cui Dio comunica con Giuseppe. Sulle
perplessità che suscita questa modalità espressiva di Dio si è già detto, ma
c’è ancora un aspetto non secondario. Mentre per noi i sogni sono espressione
indefinibile e assai inaffidabile della psiche umana, nella storia di Israele
hanno invece un posto di tutto rispetto come strumento con cui Dio sceglie di
comunicare con l’uomo. Questo però prima dell’arrivo di Cristo. C’è un testo di
san Giovanni della Croce che esprime molto bene questo passaggio:
Il motivo
principale per cui, nell'antica Legge, era lecito interrogare Dio ed era giusto
che i sacerdoti e i profeti desiderassero visioni e rivelazioni divine, è che
la fede non era ancora fondata e la legge evangelica non ancora stabilita. Era
quindi necessario che si interrogasse Dio e che Dio rispondesse con parole o
con visioni e rivelazioni, con figure e simboli o con altri mezzi
d'espressione. Egli infatti rispondeva, parlava o rivelava misteri della nostra
fede, o verità che ad essa si riferivano o ad essa conducevano. Ma ora che la
fede è basata in Cristo e la legge evangelica è stabilita in quest'era di
grazia, non è più necessario consultare Dio, né che egli parli o risponda come
allora. Infatti donandoci il Figlio suo, ch'è la sua unica e definitiva Parola,
ci ha detto tutto in una sola volta e non ha più nulla da rivelare.
San Giovanni della
Croce – Salita al monte Carmelo
Giuseppe è l’ultimo degli antichi a cui Dio parla ancora
attraverso i sogni. È l’ultimo perché già con Maria Dio entra a far parte della
nostra storia carnale, e da lei in poi l’uomo è consanguineo di Dio, e i sogni,
‘comunicazione a distanza’, non servono più. Potremmo dire che Giuseppe è
l’ultimo degli antichi patriarchi e profeti, a cui Dio aveva preannunciato
l’invio del Messia, ma ‘ancora da lontano’
Oracolo di chi ode le parole di Dio
e conosce la scienza dell'Altissimo,
di chi vede la visione dell'Onnipotente,
e cade ed è tolto il velo dai suoi occhi.
Io lo vedo, ma non ora,
io lo contemplo, ma non da vicino:
Una stella spunta da Giacobbe
e uno scettro sorge da Israele. Num 24, 16-17
e conosce la scienza dell'Altissimo,
di chi vede la visione dell'Onnipotente,
e cade ed è tolto il velo dai suoi occhi.
Io lo vedo, ma non ora,
io lo contemplo, ma non da vicino:
Una stella spunta da Giacobbe
e uno scettro sorge da Israele. Num 24, 16-17
Dio aveva parlato molte volte attraverso il canale dei sogni.
Giacobbe fece un
sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo;
ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco il Signore gli
stava davanti e disse: "Io sono il Signore, il Dio di Abramo tuo padre e
il Dio di Isacco. La terra sulla quale tu sei coricato la darò a te e alla tua
discendenza. Gen 28, 10-13
Il faraone disse a
Giuseppe: "Ho fatto un sogno e nessuno lo sa interpretare; ora io ho
sentito dire di te che ti basta ascoltare un sogno per interpretarlo
subito". Giuseppe rispose al faraone: "Non io, ma Dio darà la
risposta per la salute del faraone!". Gen 41, 15-16
Ariòch condusse in
fretta Daniele alla presenza del re e gli disse: “Ho trovato un uomo fra i
Giudei deportati, il quale farà conoscere al re la spiegazione del sogno”. Il
re disse allora a Daniele, chiamato Baltazzàr: “Puoi tu davvero rivelarmi il
sogno che ho fatto e darmene la spiegazione?”. Daniele, davanti al re, rispose:
“Il mistero di cui il re chiede la spiegazione non può essere spiegato né da
saggi, né da astrologi, né da maghi, né da indovini; ma c'è un Dio nel cielo
che svela i misteri ed egli ha rivelato al re Nabucodònosor quel che avverrà al
finire dei giorni. Dn 2, 25-28
Con Giuseppe Dio comunica ancora con questo antico canale. Forse
per rimarcare che in lui non c’è ancora
la carne di Dio, mentre in Maria sì.
fuggi
in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il
bambino per ucciderlo».
La carnalità, la concretezza drammatica dell’abitare di Dio in
mezzo a noi si concretizza anche nelle vicende che la famiglia di Gesù deve
affrontare. Il bambino è in pericolo. Erode vuole ucciderlo. Erode il Grande doveva
essere un uomo particolarmente crudele, e ossessionato dalla paura di intrighi
per togliergli il regno (a causa di questo fece uccidere la moglie e alcuni dei
suoi figli). Il bambino è minacciato da un pericolo grave, e Giuseppe con Maria
devono correre ai ripari.
Egli
si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove
rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal
Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato mio figlio.
Un episodio, questo della fuga in Egitto, che porta con sé
alcune suggestioni interessanti. Sappiamo che Erode è morto nel 4 a.C. quando
Gesù aveva circa 2-3 anni (il conteggio degli anni a partire dalla nascita di
Cristo da parte del monaco Dionigi il Piccolo è stato errato). Quindi la
famiglia di Gesù deve aver vissuto in Egitto per un certo tempo. E questo
viaggio, questa fuga, porta con sé tutta una serie di considerazioni: Giuseppe,
Maria e Gesù sono stati per alcuni anni dei profughi, degli emigrati in un
paese straniero. E lo sono stati a causa di una minaccia. Non sono andati in
vacanza, hanno dovuto scappare dal proprio paese per sfuggire alla morte. Proprio
come milioni di profughi e di emigrati di tutti i tempi che hanno dovuto o
devono lasciare il proprio paese per una terra straniera. Non sappiamo come si sia
trovata la famiglia di Gesù, ma certo deve essere stata una esperienza
difficile: un paese straniero, un’altra lingua, forse anche diffidenza e
disprezzo. E oltre a questo il viaggio. Di questo viaggio non se ne parla molto,
anche perché non se ne sa nulla, ma alcune cose si possono notare. Non può
essere avvenuto che in due modi: per terra o per mare. Nel primo caso un
viaggio di circa 500 km passando attraverso il deserto del Sinai. Nel secondo
caso imbarcandosi e arrivando in Egitto via Mediterraneo. Insomma, una famiglia
di migranti su un barcone come tante ne stiamo vedendo in questi anni.
Morto
Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli
disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra
d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino».
Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma,
quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre
Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione
della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si
compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato
Nazareno».
Giuseppe e la sua famiglia, dopo questi anni avventurosi tornano
al paese in cui Giuseppe viveva prima
della nascita di Gesù. da Nazaret Giuseppe era dovuto allontanarsi a causa del censimento dell'imperatore Augusto.
Giuseppe, dalla
Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata
Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Lc 2, 4
Con il ritorno a Nazaret inizia un periodo tranquillo per la famiglia di Nazaret. Per molti
anni Gesù crescerà e vivrà come tanti altri bambini, ragazzi, giovani. Ma di
quel periodo conosciamo un episodio che ancora riguarda Giuseppe. Gesù ha 12
anni e si allontana dalla famiglia durante un viaggio a Gerusalemme, e viene
ritrovato nel tempio.
…sua madre gli
disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati,
ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io
devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Lc 2, 48-49
…e il padre di cui parla Gesù non è certo Giuseppe.
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