martedì 20 novembre 2012

offerta




Gesù diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».

La religione, come molte altre cose (la politica, lo sport…) può essere usata non per raggiungere i propri fini, ma per mettersi in evidenza. Gesù usa l’esempio che si trova di fronte, come noi potremmo usare gli esempi che ci troviamo a volte di fronte, ad esempio in questo periodo i diversi casi di amministratori o politici che hanno usato il proprio ruolo per ottenere visibilità personale, ricchezza e interessi personali.

Un giudizio severo si compie contro coloro che stanno in alto. L'inferiore è meritevole di pietà, ma i potenti saranno esaminati con rigore. Il Signore di tutti non si ritira davanti a nessuno, non ha soggezione della grandezza, perché egli ha creato il piccolo e il grande e si cura ugualmente di tutti. Ma sui potenti sovrasta un'indagine rigorosa. Sap 6, 2-8


Seduto di fronte al tesoro,

Il Tempio di Gerusalemme aveva un suo tesoro a cui tutti potevano contribuire con le proprie offerte, che avevano uno scopo diverso da quelle che sono le offerte che noi cattolici diamo liberamente durante la messa domenicale. Per noi le offerte sono il modo per contribuire alla gestione economica della vita parrocchiale. Una parte di esse va alla gestione delle strutture, al pagamento delle bollette, alla manutenzione dei locali, e una parte alle necessità delle persone e famiglie in difficoltà. Il significato biblico dell’offerta al tempio non era tanto nella sua importanza quantitativa, quanto nel significato per chi la donava. Era una offerta portata direttamente a Dio come segno della fiducia in lui: mi privo di qualcosa, del meglio che possiedo (denaro, ma spesso animali o frutti della terra) e lo dono a Dio come dimostrazione di quanto lui sia importante per me e che non voglio tanto contare su di me quanto su di lui. Per cui l’entità stava nel sacrificio che comportava, non nell’importo in sé.

Il figlio onora suo padre e il servo rispetta il suo padrone. Se io sono padre, dov'è l'onore che mi spetta? Se sono il padrone, dov'è il timore di me? Dice il Signore degli eserciti a voi, sacerdoti, che disprezzate il mio nome. Voi domandate: “Come abbiamo disprezzato il tuo nome?”. Offrite sul mio altare un cibo contaminato e dite: “Come ti abbiamo contaminato?”. Quando voi dite: “La tavola del Signore è spregevole” e offrite un animale cieco in sacrificio, non è forse un male? Quando voi offrite un animale zoppo o malato, non è forse un male? Offritelo pure al vostro governatore: pensate che l'accetterà o che vi sarà grato?… Voi mi disprezzate, dice il Signore degli eserciti, e offrite animali rubati, zoppi, malati e li portate in offerta! Posso io gradirla dalle vostre mani? Dice il Signore. Maledetto il fraudolento che ha nel gregge un maschio, ne fa voto e poi mi sacrifica una bestia difettosa. Mal 1, 6-13

osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.

Gesù sottolinea il gesto della vedova proprio nella prospettiva a cui ho accennato sopra. Quantitativamente dà poco, ma per lei è tutto. Un affidamento totale, che gli altri non sono capaci di fare.


Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

La vedova è l’unica che tra tutti ha colto il significato dell’offerta al Tempio: la fiducia totale in Dio.

Ciò che essenzialmente distingue la beneficenza cristiana da quella filantropica è che il cristiano agisce per amore di Dio e ama il prossimo solo per obbligo interiore. Il filantropo invece ama il prossimo e basta. Il filantropo dunque è costretto a fare l’elemosina bene: deve guardarsi dai falsi poveri, deve fare calcoli statistici per vedere qual è la zona di maggior bisogno ecc… perché se alla sua opera mancasse l’efficacia le mancherebbe il motivo d’essere. Non così è del cristiano, per il quale l’elemosina è atto interiore che gli sarà pesato solo in misura dell’intenzione che ha avuto e del sacrificio che gli è costata. Al cristiano verrà contata l’elemosina sia data al gobbo che aveva i milioni nella gobba che quella data al povero vero. E gli verrà contata l’elemosina segreta per i lebbrosi di Maimaimai più che quella visibile e vista al disoccupato sull’uscio. E gli si guarderà più a come resta il suo portafoglio dopo l’elemosina che non a come si troverà il portafoglio del povero. In altre parole: al cristiano l’elemosina ottiene la sua efficacia nell’attimo che parte dal portafoglio, al filantropo solo nell’attimo che arriva a quell’altro portafoglio.

don Lorenzo Milani, lettera a don Ezio Palombo, del 17-7-1957

venerdì 9 novembre 2012

amerai




Si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».

Domanda semplice e allo stesso tempo fondamentale. Qual è  la cosa più importante? Anzì, non solo la cosa più importante, ma quella da fare prima di ogni altra cosa. Non viene chiesto a Gesù quale sia la verità di fede principale a cui aderire. Un comandamento deve essere eseguito, non solo creduto.

Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”.

Gesù cita lo Shemà Israel, la professione di fede ebraica nell’Unico Signore:

Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore, vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso; perché tu tema il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte. Dt 6, 1-8


Il primo è: Amerai il Signore tuo Dio.
Non ‘adorerai’, ‘crederai’, ‘rispetterai’ o ‘venererai’. L’accento è posto sull’amare, che è un atteggiamento profondo, personale, affettivo, non solo intellettuale. Ed è un atteggiamento che richiede un rapporto personale, una personale conoscenza reciproca.



Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”.

Gli viene chiesto il comandamento principale e Gesù ne definisce due, strettamente legati ma con un differente grado di rilevanza. Amare Dio è il primo. Amare il prossimo è il secondo. Nel secondo comandamento è sottinteso un terzo, o meglio una condizione essenziale: amare se stessi. Se non si ama se stessi non è possibile amare gli altri come se stessi. E se non si ama Dio non si è capaci ci amare pienamente gli altri. Se non altro perché certamente Dio conosce degli altri e pure di noi stessi delle cose che noi stessi non conosciamo. E poi perché lui è il modello:

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Gv 13, 34

Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo. Se uno dicesse: “Io amo Dio”, e odiasse il suo fratello, sarebbe un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello. I Gv 5, 19-21

Non c’è altro comandamento più grande di questi.

Non l’organizzazione, non le iniziative, neppure tutte le opere realizzabili. E sto pensando anche a tutte le organizzazioni, iniziative e opere della Chiesa Cattolica. A volte ci complichiamo la vita con miriadi di attività e dimentichiamo quelle essenziali. Che peraltro devono poi essere espresse in pratica, non restare solo parole. Allora le opere, le strutture e le iniziative devono essere i modi concreti con cui si realizza il comandamento di amare Dio e gli altri. Quando sono fini a se stesse, come fossero delle cose da perpetuare perché ‘abbiamo sempre fatto così’ oppure per mantenere o ottenere solo visibilità, occorre avere il coraggio di fermarle, magari verificarne il senso e se possibile migliorarle.


Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».

La sottolineatura dello scriba è importante: amare Dio e il prossimo vale più di tutte le altre opere. O, se vogliamo, le altre opere hanno senso solo se sono il modo concreto con cui si esprime l’amore verso Dio e verso gli altri.
Aggiungerei ancora una cosa: i tre ‘amerai’ non sono intercambiabili e classificabili diversamente da come li ha esposti Gesù. C’è un primo e un secondo. E non è sufficiente sceglierne uno a scapito degli altri. Se mi limito ad amare me stesso rischio di finire nell’egoismo. Se amo solo Dio e non mi occupo degli altri l’equilibrio si rompe. Credo che conosciamo tutti delle persone impegnatissime in opere religiose ma che trattano malissimo le persone che incontrano. Così come se mi occupo degli altri e non di Dio scombino il quadro. Anche in questo caso conosciamo certamente persone che si dedicano agli altri anche come surrogato del rapporto con Dio. È vero che Gesù stesso si identifica con le persone a cui abbiamo dedicato attenzione, ma questa è una sua iniziativa, non deve diventare la scusa per non occuparci di lui. Dio ha diritto (e forse anche bisogno) di essere amato tanto e magari più degli altri.

Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. 


lunedì 5 novembre 2012

Berlicche 16



Mio caro Malacoda,
nella tua lettera hai accennato per caso che, dal momento della sua conversione, il tuo paziente ha continuato a frequentare una chiesa, e una sola, e che non ne è completamente soddisfatto. Posso chiederti che cosa stai facendo? Perché non mi fai pervenire rapporti sulle cause della sua fedeltà alla chiesa parrocchiale? Non capisci che ciò, se non è dovuto a indifferenza, è una cosa molto brutta? Certamente sai che se non si riesce a curare un uomo dall’andare in chiesa, la cosa migliore è mandarlo per tutto il vicinato in cerca di una chiesa che ‘vada bene’ per lui, affinchè diventi un buongustaio e un esperto in chiese. Le ragioni sono ovvie. In primo luogo l’organizzazione parrocchiale dovrebbe essere sempre attaccata perché essendo un’unità di luogo e non di simpatie, porta insieme gente di diverse classi e di differente psicologia in quel genere di unità che il Nemico desidera. Il principio della congregazione, d’altro lato, riduce ogni chiesa a una specie di circolo, e infine, se tutto va bene, in un’accolita o fazione. In secondo luogo la ricerca di una chiesa ‘che vada bene per lui’ fa dell’uomo un critico là dove il Nemico lo vuole scolaro. Dal laico in chiesa egli vuole un atteggiamento che può, si, essere critico nel senso che rifiuta ciò che è falso o inutile, ma che è assolutamente privo di critica nel senso che non valuta, non perde tempo a pensare ciò che rifiuta, ma si apre in una recettività umile, priva di commento su qualsiasi nutrimento venga somministrato. (tu vedi quanto basso, quanto privo di spiritualità, quanto irrimediabilmente volgare è il Nemico!). Codesto atteggiamento, specialmente durante le prediche, crea la condizione (assai ostile a tutta la nostra politica) nella quale i luoghi comuni diventano veramente udibili dall’anima umana. È difficile trovare una predica, un libro che possa non essere pericoloso per noi, qualora venga accolto con tale atteggiamento dello spirito. Perciò ti prego di muoverti e di far fare a questo sciocco il giro di tutte le chiese del vicinato al più presto possibile. Il rapporto di quanto hai fatto finora non ci ha molto soddisfatto.
Mi sono informato, all’ufficio, delle due chiese che gli sono più vicine. Ambedue si raccomandano per qualche cosa. Nella prima il parroco è un uomo che si è talmente occupato, per molto tempo, di annacquare la fede per renderla più facile per una parrocchia che crede incredula e di dura cervice, che ora è lui a stupire i suoi parrocchiani per la sua mancanza di fede, e non viceversa. Egli ha minato il cristianesimo di più di un’anima. Anche il suo modo di comportarsi durante le funzioni è ammirevole. Al fine di risparmiare ai laici tutte le difficoltà, ha abbandonato il lezionario e i salmi d’obbligo, ed ora, senza accorgersene, gira e rigira incessantemente intorno alla piccola macina dei suoi quindici salmi preferiti e delle sue venti lezioni favorite. Siamo perciò al sicuro dal pericolo che qualsiasi verità non già conosciuta a lui o al suo gregge possa mai giungere loro attraverso la Scrittura. Ma forse il tuo paziente non è stupido abbastanza per questa chiesa.
Nell’altra chiesa troviamo padre Spike. Gli esseri umani si trovano spesso in imbarazzo e non riescono a capire fin dove arrivano le sue opinioni, perché un giorno è comunista e il giorno seguente non lontano da una specie di fascismo teocratico. Un giorno tutto politica, il giorno dopo proclama che tutti gli stati di questo mondo sono allo stesso modo ‘sotto il giudizio’. Noi naturalmente vediamo l’anello di congiunzione, che è l’Odio. Quell’uomo non può risolversi a predicare cose che non siano dirette a impressionare, a recare dispiacere o imbarazzo, a umiliare i suoi genitori o i suoi amici. Una predica che questa gente potesse accettare sarebbe per lui insipida né più né meno di una poesia che essi fossero in grado di scandire. Ma ti devo mettere sull’avviso che ha un difetto fatale: egli crede davvero. E ciò potrebbe rovinare tutto.
Ma codeste due chiese hanno in comune una cosa: quella di essere entrambe chiese di partito. Mi pare di averti già avvertito prima che il tuo paziente, se non lo si può tenere lontano dalla chiesa, dovrebbe almeno essere violentemente attaccato a qualche partito nel suo ambito. Non intendo riferirmi alle questioni strettamente dottrinali; quanto a quelle, più tiepido sarà e meglio è. Non è sulla dottrina che noi principalmente ci fidiamo per produrre la malevolenza. Invece è un vero godimento far scoppiare l’odio fra coloro che dicono ‘messa’ e coloro che dicono ‘santa comunione’, mentre nessuno di loro potrebbe chiarire la differenza tra la dottrina, ad esempio, di Hooker e quella di san Tommaso d’Aquino in un modo che possa apparire ragionevole per almeno cinque minuti. E tutte le cose puramente indifferenti (le candele, i vestimenti o che so io) sono un terreno meraviglioso per le nostre attività. Abbiamo allontanato per sempre dalla mente degli uomini ciò che quel tipo pestilenziale di Paolo soleva insegnare sui cibi e sulle altre cose non essenziali, vale a dire che l’essere umano che non ha scrupoli dovrebbe sempre cedere di fronte a chi invece li ha. Tu forse pensi che non potevamo non vedere l’applicazione che se ne doveva fare. Ti aspetteresti di trovare che il fedele che appartiene alla chiesa ‘bassa’ faccia la genuflessione e il segno di croce per timore che la coscienza del fratello della chiesa ‘alta’ fosse tentato di irriverenza, e che chi appartiene alla chiesa ‘alta’ si astenga da quegli esercizi per non tradire il fratello della chiesa ‘bassa’ e tentarlo di idolatria. Così sarebbe avvenuto se non avessimo lavorato senza posa. Senza un tale lavoro, la varietà di usi nella chiesa di Inghilterra sarebbe divenuta un vero semenzaio di carità e di umiltà.

Tuo affezionatissimo zio

Berlicche