La folla
salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù.
Abbiamo lasciato Gesù
che se ne andava via da solo proprio in uno dei momenti di maggiore popolarità,
sottolineando ancora una volta come il suo scopo non sia quello di diventare
famoso ma di avere la possibilità di essere riconosciuto per colui che è
veramente.
Lo
trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù
rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete
visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi
da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita
eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha
messo il suo sigillo».
Gesù parte sì dalle
esigenze pratiche di chi ha davanti, ma non si ferma ad accontentarle, perché vuole
proporre qualcosa di più grande. A partire dal cibo materiale, essenziale per
la vita terrena, estende l’orizzonte al cibo che può servire per la vita
eterna, perché è certamente più importante, anche se relativizza ciò che è
terreno.
Gli
dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù
rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha
mandato».
Le due domande che
vengono rivolte ora a Gesù sono indicative di quanto sia forte in noi la nostra
esclusiva visione delle cose. Espressa in due modi: il primo è pensare solo a
quello che dobbiamo o possiamo fare noi. Valutazione certo comprensibile, ma
che esprime la nostra fatica, nelle relazioni personali (quindi anche nel
rapporto con Dio) nel considerare cosa l’altro abbia da dire o da fare. Altre
volte nei vangeli viene rivolta a Gesù questa domanda:
Mentre usciva per
mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio
davanti a lui, gli domandò: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la
vita eterna?”. Mc 10, 17
La risposta di Gesù è:
niente. Non dovete fare niente, ascoltatemi, statemi a sentire, fidatevi di me.
Come abbiamo già notato altre volte, il modo di intendere la ‘fede’ da parte di
Gesù è molto diverso dal nostro. Per noi credere è una specie di nostra
capacità personale, un atto della nostra volontà (‘voglio crederci’, oppure ‘ho
molta fede’), per Gesù è la disponibilità ad ascoltare e accogliere quello che
lui ha da dire e da dare. Fede per Gesù non è una cosa che facciamo noi, ma
l’apertura a quello che può fare lui.
Allora
gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera
fai?
Il secondo modo con
cui esprimiamo il nostro modo troppo autocentrato di rapportarci con Dio è quello di
chiedergli dei segni. È una esigenza certamente legittima e ragionevole,
perchè chiunque potrebbe venire a presentarsi come inviato di Dio e
proporci qualunque cosa gli passi per la testa. Infatti in alcune occasioni Dio
acconsente a dare dei segni che confermino la sua parola.
Gedeone disse a Dio:
“Se tu stai per salvare Israele per mia mano, come hai detto, ecco, io metterò
un vello di lana sull'aia: se c'è rugiada soltanto sul vello e tutto il terreno
resta asciutto, io saprò che tu salverai Israele per mia mano, come hai detto”.
Così avvenne. La mattina dopo, Gedeone si alzò per tempo, strizzò il vello e ne
spremette la rugiada: una coppa piena d'acqua. Gedeone disse a Dio: “Non
adirarti contro di me; io parlerò ancora una volta. Lasciami fare la prova con
il vello, solo ancora una volta: resti asciutto soltanto il vello e ci sia la
rugiada su tutto il terreno”. Dio fece così quella notte: il vello soltanto
restò asciutto e ci fu rugiada su tutto il terreno. Gdc 6, 26-29
Ma nel chiedere segni
a Dio occorre essere attenti ad alcune cose:
1 – non tutti i segni
provengono da Dio. Un criterio per valutare se un segno è secondo Dio è se è
coerente con tutte le altre cose che Dio ha detto e fatto. È un po’ quello che
succede anche nel rapporto con le nostre autorità: se un poliziotto mi chiede
di commettere un reato io non solo posso, ma devo disobbedirgli, per quanto sia
un poliziotto e abbia quindi un’autorità che devo rispettare. In modo simile, non
è il segno che devo valutare in sé, ma se quel segno conferma ed è in linea con
le cose che Dio ha rivelato.
Qualora si alzi in
mezzo a te un profeta o un sognatore che ti proponga un segno o un prodigio e
il segno e il prodigio annunciato succeda ed egli ti dica: Seguiamo dei
stranieri, che tu non hai mai conosciuti, e rendiamo loro un culto, tu non
dovrai ascoltare le parole di quel profeta o di quel sognatore. Dt 13, 2-4
2 – i segni non sono
sempre necessariamente quelli che desideriamo noi, ma possono essere dati nei
modi o nei tempi che Dio decide.
Il Signore parlò
ancora ad Acaz: “Chiedi un segno dal Signore tuo Dio, dal profondo degli inferi
oppure lassù in alto”. Ma Acaz rispose: “Non lo chiederò, non voglio tentare il
Signore” … “il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e
partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. Is 7, 10-14
4 – con l’arrivo di
Gesù cambia completamente il criterio con cui valutare i segni di Dio. Gesù fa
relativamente pochi segni e miracoli e, lo abbiamo già notato, solo all’inizio
della sua vita pubblica, poi smette. Per evitare che lo cerchino, come infatti
avviene, solo per approfittare dei suoi miracoli. Gesù addirittura in alcune
situazioni si rifiuta di concedere i segni richiesti.
Vennero i farisei e si
misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla
prova. Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede
un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun
segno». Mc 8, 11-12
Mentre le folle si
accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione
malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno
di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il
Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Lc 11, 29-30
Perché Gesù non vuole
dare segni? L’ultima citazione, dal vangelo di Luca, credo ci dia la risposta.
Con l’arrivo di Gesù non ci sono più segni, perché l’unico segno che conta …è
Gesù stesso. È lui il segno, non i suoi miracoli.
San Giovanni della
Croce ha spiegato molto bene questo:
Ora che la fede è basata su Cristo, non è più necessario consultare Dio, né
che egli parli o risponda come nell’antica Legge. Infatti donandoci il Figlio
suo, che è la sua unica e definitiva Parola, ci ha detto tutto in una sola volta
e non ha più nulla da rivelare … Dio è diventato in un certo senso muto, non
avendo più nulla da dire, perché quello che un giorno diceva parzialmente per
mezzo dei profeti, l'ha detto ora pienamente dandoci tutto nel Figlio suo …
san Giovanni della
Croce, Salita al monte Carmelo
I nostri
padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da
mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi
dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà
il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal
cielo e dà la vita al mondo».
Nel nostro caso Gesù,
continuando a riferirsi al segno che aveva fatto con la moltiplicazione dei
pani, inizia un lungo e intenso discorso in cui spiega il perché aveva fatto
quel segno: non tanto per dar da mangiare alla folla, quanto per cominciare a
identificarsi con il segno del pane, che per lui è molto importante. Il
discorso che farà in seguito lo dimostrerà, e soprattutto l’identificazione
Gesù-pane si realizzerà completamente nell’ultima cena, dove Gesù nel pane-corpo
eucaristico si renderà presente in modo continuativo per tutto il tempo della
chiesa.
Allora
gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono
il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà
sete, mai!».
Continuano a
chiedergli pane materiale, e Gesù da ora in poi non farà altro che presentare
come pane se stesso. Ci vorrà ancora molto tempo perché i discepoli stessi
comincino a capire ciò che Gesù sta proponendo loro. Lo stesso lungo cammino di
comprensione lo dobbiamo fare noi, e credo che siamo ancora tutti molto lontani
dall’averlo colto completamente.
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