venerdì 18 maggio 2012

Berlicche 14


Mio caro Malacoda,
la notizia più allarmante del tuo ultimo resoconto del paziente è che egli non ha nessuna di quelle risoluzioni piene di confidenza che segnarono la sia primitiva conversione. Non fa, mi pare, larghe promesse di virtù perpetua; neppure si aspetta una dotazione di grazia per tutta la vita, ma spera unicamente in una razione giornaliera e di ogni ora per andare incontro alla tentazione di ogni giorno e di ogni ora. 
Molto male! Secondo me, per il momento, c’è solo una cosa da fare. Il tuo paziente è diventato umile: glielo hai fatto notare? Tutte le virtù sono per noi meno pericolose una volta che l’uomo è consapevole di possederle, ma ciò è vero in particolare per l’umiltà. Sorprendilo nel momento che ha lo spirito veramente depresso, e contrabbanda nella sua mente la riflessione consolante “per Giove, ma io sono umile!”, e quasi immediatamente l’orgoglio (l’orgoglio della sua stessa umiltà) farà la sua apparizione. Se di accorge del pericolo e tenta di soffocare questa nuova forma di orgoglio, fallo inorgoglire del suo tentativo, e così di seguito, per tutte le fasi che vorrai. Ma non tentare ciò per lungo tempo, perché c’è pericolo di svegliare in lui il senso dell’umorismo e della proporzione. Nel qual caso ti riderà in faccia e andrà a dormire. 
Ma vi sono altri modi utili per fissargli l’attenzione sulla virtù dell’umiltà. Per mezzo di questa virtù il nostro Nemico vuol stornare l’attenzione dell’uomo dal proprio io per volgerla verso di sé e verso il prossimo. Tutta l’abiezione di sé e l’odio di sé vengono diretti, in fin dei conti, a questo scopo. E, fin quando non lo raggiungono, ci possono recare poco danno. Possono perfino esserci utili, se tengono l’uomo preoccupato di sé e, soprattutto, se il disprezzo per la propria persona può venir preso come punto di partenza per il disprezzo della persona degli altri, e di conseguenza per la musoneria, il cinismo e la crudeltà. 
Bisogna perciò che tu nasconda al paziente il vero scopo dell’umiltà. Non deve ritenerla dimenticanza di sé, ma una certa opinione (cioè una bassa opinione) dei suoi talenti e del suo carattere. Mi pare che alcuni talenti li abbia davvero. Piantagli in mente l’idea che l’umiltà consiste nello sforzarsi di credere che quei talenti valgono meno di quanto egli crede che valgano. Senza dubbio è vero che di fatto valgono meno di quanto crede, ma questo non ha importanza. Ha invece importanza fargli valutare un’opinione per un aspetto diverso della verità, introducendo in tal modo un elemento di disonestà e di pretesa nel cuore di ciò che minaccia di diventare una virtù. Con questo metodo migliaia di uomini sono stati indotti a pensare che l’umiltà significa donne carine che si sforzano di credersi brutte e uomini intelligenti che si sforzano di credersi sciocchi. E poichè quanto si sforzano di credere può essere, in qualche caso, una lampante assurdità, essi non possono riuscire a crederlo e noi abbiamo l’occasione di far girare loro la mente in un continuo girare su se stessa nello sforzo di raggiungere l’impossibile. Al fine di prevenire la strategia del Nemico dobbiamo considerare i suoi scopi. Ciò che il Nemico vuole è di portare l’uomo a uno stato mentale nel quale egli possa concepire la miglior cattedrale del mondo, e sapere che si tratta della migliore, e goderne, senza essere più (o meno) o altrimenti contento di averla fatta lui, che se fosse stata fatta da un altro. 
Il Nemico vuole che, alla fine, egli sia libero da ogni pregiudizio in suo favore, talmente libero da saper godere dei suoi propri talenti con la stessa franchezza e la stesa gratitudine che dei talenti del suo prossimo e della levata del sole, o di un elefante, o di una cascata. Vuole che, in fin dei conti, ogni uomo sia in grado di riconoscere tutte le creature (perfino se stesso) come cose gloriose ed eccellenti. Vuole distruggere al più presto il loro amor proprio naturale. Ma la sua lungimirante politica consiste nel fatto, temo, di ridonare loro un nuovo genere di amor proprio, una carità e una gratitudine per tutte le persone, compresa la propria. Quando avranno davvero imparato ad amare il prossimo come se stessi, sarà loro permesso di amare se stessi come il prossimo. 
Non dobbiamo mai dimenticare ciò che è il tratto repellente e inesplicabile del nostro Nemico: egli ama veramente quei bipedi spelati che ha creato e sempre restituisce con la destra ciò che ha tolto con la sinistra. 
Tutto il tuo sforzo consisterà dunque nel tener la mente dell’uomo lontana dall’argomento del suo valore. Egli preferisce che l’uomo si creda un grande architetto e un grande poeta e poi se ne dimentichi, anziché spendere molto tempo e molta fatica nello sforzarsi di essere un architetto o un poeta da nulla. I tuoi sforzi di instillare la vanagloria o la falsa modestia nel paziente saranno attaccati da parte del Nemico con il naturale suggerimento che, di solito, non si esige che un uomo abbia un’opinione dei suoi talenti, dal momento che può benissimo continuare a migliorarli al massimo senza decidere in quale precisa nicchia del tempio della Fama si trovi. 
Tu devi fare ogni sforzo per allontanare un tale suggerimento dalla consapevolezza del paziente. Il Nemico si sforzerà pure di rendere reale nella mente del paziente una dottrina che tutti gli uomini professano ma che riesce loro difficile conciliare con i sentimenti: la dottrina che essi non hanno creato se stessi, che i talenti sono stati dati loro, e che tanto varrebbe essere orgogliosi del colore dei capelli. Ma scopo del Nemico sarà sempre e con tutti i mezzi di tener la mente del paziente lontana da problemi del genere, e tuo scopo sarà di fissarvela in essi. 
Il Nemico non vuole neppure che pensi troppo ai suoi peccati. Una volta che se ne sia pentito, più presto volgerà l’attenzione al di fuori, e più compiaciuto sarà il Nemico.

Tuo affezionatissimo zio

Berlicche

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