Mio
caro Malacoda,
la
notizia più allarmante del tuo ultimo resoconto del paziente è che egli non ha
nessuna di quelle risoluzioni piene di confidenza che segnarono la sia
primitiva conversione. Non fa, mi pare, larghe promesse di virtù perpetua;
neppure si aspetta una dotazione di grazia per tutta la vita, ma spera
unicamente in una razione giornaliera e di ogni ora per andare incontro alla
tentazione di ogni giorno e di ogni ora.
Molto male! Secondo me, per il
momento, c’è solo una cosa da fare. Il tuo paziente è diventato umile: glielo
hai fatto notare? Tutte le virtù sono per noi meno pericolose una volta che
l’uomo è consapevole di possederle, ma ciò è vero in particolare per l’umiltà.
Sorprendilo nel momento che ha lo spirito veramente depresso, e contrabbanda
nella sua mente la riflessione consolante “per Giove, ma io sono umile!”, e
quasi immediatamente l’orgoglio (l’orgoglio della sua stessa umiltà) farà la
sua apparizione. Se di accorge del pericolo e tenta di soffocare questa nuova
forma di orgoglio, fallo inorgoglire del suo tentativo, e così di seguito, per
tutte le fasi che vorrai. Ma non tentare ciò per lungo tempo, perché c’è
pericolo di svegliare in lui il senso dell’umorismo e della proporzione. Nel
qual caso ti riderà in faccia e andrà a dormire.
Ma vi sono altri modi utili
per fissargli l’attenzione sulla virtù dell’umiltà. Per mezzo di questa virtù
il nostro Nemico vuol stornare l’attenzione dell’uomo dal proprio io per
volgerla verso di sé e verso il prossimo. Tutta l’abiezione di sé e l’odio di sé
vengono diretti, in fin dei conti, a questo scopo. E, fin quando non lo
raggiungono, ci possono recare poco danno. Possono perfino esserci utili, se
tengono l’uomo preoccupato di sé e, soprattutto, se il disprezzo per la propria
persona può venir preso come punto di partenza per il disprezzo della persona
degli altri, e di conseguenza per la musoneria, il cinismo e la crudeltà.
Bisogna
perciò che tu nasconda al paziente il vero scopo dell’umiltà. Non deve
ritenerla dimenticanza di sé, ma una certa opinione (cioè una bassa opinione)
dei suoi talenti e del suo carattere. Mi pare che alcuni talenti li abbia
davvero. Piantagli in mente l’idea che l’umiltà consiste nello sforzarsi di
credere che quei talenti valgono meno di quanto egli crede che valgano. Senza dubbio
è vero che di fatto valgono meno di
quanto crede, ma questo non ha importanza. Ha invece importanza fargli valutare
un’opinione per un aspetto diverso della verità, introducendo in tal modo un
elemento di disonestà e di pretesa nel cuore di ciò che minaccia di diventare
una virtù. Con questo metodo migliaia di uomini sono stati indotti a pensare
che l’umiltà significa donne carine che si sforzano di credersi brutte e uomini
intelligenti che si sforzano di credersi sciocchi. E poichè quanto si sforzano
di credere può essere, in qualche caso, una lampante assurdità, essi non
possono riuscire a crederlo e noi abbiamo l’occasione di far girare loro la
mente in un continuo girare su se stessa nello sforzo di raggiungere l’impossibile.
Al fine di prevenire la strategia del Nemico dobbiamo considerare i suoi scopi.
Ciò che il Nemico vuole è di portare l’uomo a uno stato mentale nel quale egli
possa concepire la miglior cattedrale del mondo, e sapere che si tratta della
migliore, e goderne, senza essere più (o meno) o altrimenti contento di averla
fatta lui, che se fosse stata fatta da un altro.
Il Nemico vuole che, alla
fine, egli sia libero da ogni pregiudizio in suo favore, talmente libero da
saper godere dei suoi propri talenti con la stessa franchezza e la stesa
gratitudine che dei talenti del suo prossimo e della levata del sole, o di un
elefante, o di una cascata. Vuole che, in fin dei conti, ogni uomo sia in grado
di riconoscere tutte le creature (perfino se stesso) come cose gloriose ed
eccellenti. Vuole distruggere al più presto il loro amor proprio naturale. Ma la
sua lungimirante politica consiste nel fatto, temo, di ridonare loro un nuovo
genere di amor proprio, una carità e una gratitudine per tutte le persone,
compresa la propria. Quando avranno davvero imparato ad amare il prossimo come
se stessi, sarà loro permesso di amare se stessi come il prossimo.
Non dobbiamo
mai dimenticare ciò che è il tratto repellente e inesplicabile del nostro Nemico:
egli ama veramente quei bipedi spelati che ha creato e sempre restituisce con
la destra ciò che ha tolto con la sinistra.
Tutto il tuo sforzo consisterà
dunque nel tener la mente dell’uomo lontana dall’argomento del suo valore. Egli
preferisce che l’uomo si creda un grande architetto e un grande poeta e poi se
ne dimentichi, anziché spendere molto tempo e molta fatica nello sforzarsi di
essere un architetto o un poeta da nulla. I tuoi sforzi di instillare la
vanagloria o la falsa modestia nel paziente saranno attaccati da parte del
Nemico con il naturale suggerimento che, di solito, non si esige che un uomo
abbia un’opinione dei suoi talenti, dal momento che può benissimo continuare a
migliorarli al massimo senza decidere in quale precisa nicchia del tempio della
Fama si trovi.
Tu devi fare ogni sforzo per allontanare un tale suggerimento dalla
consapevolezza del paziente. Il Nemico si sforzerà pure di rendere reale nella
mente del paziente una dottrina che tutti gli uomini professano ma che riesce
loro difficile conciliare con i sentimenti: la dottrina che essi non hanno
creato se stessi, che i talenti sono stati dati loro, e che tanto varrebbe
essere orgogliosi del colore dei capelli. Ma scopo del Nemico sarà sempre e con
tutti i mezzi di tener la mente del paziente lontana da problemi del genere, e
tuo scopo sarà di fissarvela in essi.
Il Nemico non vuole neppure che pensi
troppo ai suoi peccati. Una volta che se ne sia pentito, più presto volgerà l’attenzione
al di fuori, e più compiaciuto sarà il Nemico.
Tuo
affezionatissimo zio
Berlicche
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