sabato 21 aprile 2012

resurrezione



La sera di quel giorno,

È il giorno dopo quel Sabato in cui ogni anno gli Ebrei celebravano e celebrano tuttora la Pasqua, la liberazione dall’Egitto. Gesù era stato crocifisso il giorno prima di quel Sabato e per motivi di opportunità (contrariamente a quanto succedeva normalmente, con i crocifissi che venivano lasciati per più giorni ad agonizzare, e ancora restavano appesi dopo la morte come monito per i passanti) era stato tirato giù dalla croce, ormai morto, prima del tramonto, e sepolto in fretta. Tanto che alcune delle donne che lo seguivano avevano dovuto aspettare dopo il sabato per andare a imbalsamare il suo corpo.
In ‘quel giorno dopo il sabato’ erano già successe alcune cose:
le donne, andate al sepolcro al mattino presto, avevano trovato la tomba vuota.
Lc 24, 1-3


Anche Pietro e Giovanni, avvisati da Maria di Magdala, erano andati al sepolcro, trovandolo vuoto.
Gv 20, 2-10
Durante la giornata, presumibilmente nel pomeriggio (dovevano percorrere undici chilometri a piedi e erano arrivati a destinazione quando era già sera) due dei discepoli, diretti a Emmaus, avevano avuto una sorpresa.
Lc 24, 13-35

il primo della settimana,

Per noi che siamo abituati a pensare al lunedì come il primo giorno, considerando il sabato e la domenica come il fine settimana, viene abbastanza facile pensare che anche per gli ebrei il primo giorno della settimana fosse quello che veniva dopo la festività settimanale (in questo caso, per loro, il Sabato). Però per i cristiani ‘il primo giorno della settimana’ era ed è tuttora il giorno della resurrezione di Gesù, quella che per noi è diventata la Domenica. Quindi, pur tenendo conto dell’abitudine anglosassone del week end, ormai diventata linguaggio comune anche da noi, per i cristiani la domenica non è l’ultimo giorno della settimana, ma il primo, quello che dà il senso a tutta la settimana. Al di là della questione del riposo settimanale (questione non trascurabile, in una società sempre più incasinata dal punto di vista degli orari lavorativi), la domenica per noi è, o dovrebbe essere, il giorno in cui ‘carichiamo le batterie’ per essere in grado di vivere bene tutto il resto della settimana, con l’aiuto delle indicazioni ricevute dalla Parola di Dio e con il nutrimento ricevuto dall’Eucarestia.

mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!».

Com’è fatto Gesù risorto? La resurrezione è un evento divino, spirituale e mistico? Gesù dopo la resurrezione torna a essere il Verbo divino che esisteva dal principio? (Gv 1,1) Ma il suo corpo, che fine fa? Se proviamo ad andare a curiosare nei racconti della resurrezione troviamo delle cose interessanti. La prima la troviamo qui: ‘mentre erano chiuse le porte’. Poco dopo Giovanni scrive: ‘venne Gesù, a porte chiuse’. Gesù può entrare in un posto anche a porte chiuse, quindi non ha più i limiti imposti da un corpo fisico. Quindi la resurrezione è un evento spirituale. Però…

Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 


Quello che fa Gesù risorto ha qualche connotato un po’ meno spirituale. I discepoli vedono qualcosa che Gesù sta mostrando loro. E quello che vedono ha una caratteristica curiosa: Gesù mostra le mani e il fianco. E cos’hanno di speciale le mani e il fianco? Evidentemente portano ancora le tracce delle ferite della crocifissione: i chiodi e il colpo di lancia. Altrimenti che senso ha mostrarli?  È strano che si vedano queste ferite, almeno se consideriamo la resurrezione come evento solo spirituale. Che ci fanno le ferite? Gesù è riuscito a risorgere, a vincere la morte, e non è stato capace di guarirsi le ferite? Molto strano. Ma non finisce qui. Tommaso ci fa scoprire qualcosa di più.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Prima di vedere che succede a Tommaso, notiamo come Gesù, nel momento dell’incontro da risorto con i suoi discepoli, dia il via a quello che succederà dopo: ‘ora tocca a voi’, dice agli apostoli e alle donne. Il movimento di andare a raccontare si ripete molte volte negli episodi della resurrezione:

Gli undici discepoli ... quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Mt 28, 16-20

Tornate dal sepolcro, (le donne) annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Lc 24, 9

(i due di Emmaus) partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Lc 24, 33-35

Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto. Gv 20, 18

Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Gv 21, 24

Per inciso, è da notare che, insieme allo stupore e alla gioia nell’incontrare il Risorto, molto spesso è presente il dubbio e l’incredulità, altro connotato di ‘normalità’ della situazione personale dei discepoli. Non sono un gruppo di invasati creduloni, hanno dubbi, perplessità, incredulità e paure.

Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite. Mc 16, 8

Tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse. Lc 24, 9-11

Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Lc 24, 37-38

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.

Torniamo alle domande sulla forma di Gesù quando si presenta agli apostoli. La prima cosa interessante che scopriamo è che ne manca uno. Tommaso non c’è. Gesù si fa vedere e lui non si fa vedere. Qualche spiritoso ha proposto Tommaso come patrono dei non praticanti: se Cristo si rende presente nei sacramenti e in particolare nell’Eucarestia, chi partecipa lo incontra e chi non partecipa si perde l’occasione.
C’è ancora un particolare riguardo a Tommaso. Giovanni riferisce che è chiamato Didimo, cioè gemello. È possibile che avesse un fratello gemello, da cui il nomignolo. E chi è il gemello di Tommaso? Storicamente non ne sappiamo nulla, ma alcuni padri della chiesa hanno suggerito una riflessione spirituale interessante: il gemello di Tommaso è ciascuno di noi. E in effetti con Tommaso condividiamo alcune caratteristiche. La prima è. come abbiamo visto, quella di non esserci qualche volta quando dovremmo esserci. La seconda, come vedremo ora, quella di voler toccare e sperimentare in prima persona.

Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

Nominiamo Tommaso anche patrono degli scettici.

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!».

l'incredulità di san Tommaso, Caravaggio

Prima di vedere alcune cose riguardo a Tommaso e alla sua fede scettica, ancora un particolare sulla resurrezione di Gesù: ‘metti qui il tuo dito … metti la mano nel mio fianco’. Siamo passati da un Gesù che entra a porte chiuse a un Gesù che non solo viene visto e guardato, ma che invita Tommaso a toccarlo. E toccare è un gesto alquanto fisico e materiale. Gesù nella sua resurrezione porta con sé il corpo, e non solo, ma il corpo con ancora i segni della crocifissione, quindi lo stesso corpo che aveva prima della morte.
Torniamo a Tommaso, e notiamo un particolare che a me sembra molto importante. Gesù lo invita a toccarlo e poi gli dice: ‘non essere incredulo, ma credente!’. Affermazione assai strana. Nella nostra concezione (non saprei come definirla: occidentale? Illuministica? Scientifica?) credere e verificare sono termini antitetici. Se posso verificare e ‘toccare’ non ho più bisogno di credere, mentre se a qualcosa devo crederci è perché non è possibile verificarlo e dimostrarlo. Eppure Gesù invita Tommaso a essere credente proprio perché ha visto e toccato.

Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Gesù insiste sul legame vedere-credere. E aggiunge una frase che è sempre stata considerata come una definizione e un elogio del credente: colui che crede senza vedere. Mi permetto di dubitare che Gesù volesse dire questo, perché tutto quello che ha detto prima va esattamente nella direzione opposta: Gesù si mostra, si fa vedere, si fa toccare, sfida i presenti a riconoscerlo come quello che qualche giorno prima avevano visto sulla croce, di cui porta persino ancora i segni. Insomma, un Gesù molto concreto, visibile, tangibile, e che per di più chiede agli apostoli di appoggiare la propria fede proprio sull’aver visto, toccato e verificato. E non è solo Giovanni che evidenzia questo aspetto. Anche i resoconti di Luca riportano questa sottolineatura da parte di Gesù:

Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Lc 24, 37-42

La frase di Gesù va collegata, credo, con tutte le altre cose che ha detto e fatto prima. Gesù dà incarico a chi lo ha visto, toccato e incontrato di essere testimone come per rassicurare tutti quelli che verranno dopo: Tommaso, tu hai visto, ora sii tu l’appoggio per la fede di chi non ha visto me ma vede te. Questo vale per gli apostoli, che diventeranno così i pilastri della fede della chiesa, che non a caso si definisce ‘apostolica’.
E così i credenti cristiani, secondo quello che suggerisce il vangelo, non sono quelli che credono a qualcosa che non sanno conoscere, spiegare, capire e vedere, ma esattamente l’opposto: hanno visto, conosciuto, capito, sperimentato quanto basta per potersi fidare delle testimonianze e delle indicazioni ricevute.
È vero, non crediamo in qualcosa di dimostrabile in senso scientifico, ma in qualcosa di credibile, verificabile, studiabile, raggiungibile: testimonianze, testi, documentazioni, studi, appoggi archeologici. Non sono sufficienti per tutti, questo sì. E il dibattito, la discussione, il confronto con chi non riconosce sufficienti queste testimonianze è sempre vivo, e aiuta a rendere viva la nostra fede, che non è tanto credere quanto fidarsi.

Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. 

Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Gv 19, 35

3 commenti:

  1. >Nominiamo Tommaso anche patrono degli scettici.

    LOL!
    Prima o poi lo citerò sul Disinformatico.

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  2. chissà cosa pensa Paolo ad avere un patrono....

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  3. alla cena disinformatica del 23 giugno glielo chiederemo di persona :-) tu ci sarai?

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