mercoledì 15 febbraio 2012

lebbroso


Venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!».

Ancora una volta viene fuori il riferimento alla ‘purificazione’. Lo ‘spirito’ nella sinagoga di Cafarnao era impuro e il lebbroso chiede a Gesù di essere purificato. L’impurità rituale era un po’ l’ossessione della cultura biblica, e sarà interessante vedere che Gesù non la tratta con sufficienza, come una cosa sbagliata, ma come in molte altre cose aiuta a ridarle il senso originario che si è perso. Il punto fondamentale attorno al quale ruota tutto è la santità di Dio. Dio è santo, il suo popolo deve essere santo.

Il Signore parlò a Mosè: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Lv 19, 2

Una prima distorsione di questo presupposto avviene quando si confonde la santità con la purezza. La santità è la perfezione nel bene di Dio. La purezza ne è solo un aspetto. Dio è santo, quindi in lui non c’è alcun male. Della necessità di somigliare a Dio, il popolo biblico (ma anche la Chiesa) a volte si ferma solo su alcuni aspetti, in particolare l’evitare il male, tralasciando forse un po’ troppo l’aspetto principale, che è invece quello di tendere al bene. Insomma, l’uomo tende a semplificare le cose, e confonde a volte il fare il bene con il non fare il male. 
Nel fare il bene l’attenzione è rivolta al bene. Nel non fare il male l’attenzione è rivolta al male. 

 
È un piccolo passaggio, difficile da cogliere nei suoi risvolti pratici (che sono quelli a cui facciamo più attenzione), ma è un passaggio importantissimo, e purtroppo deleterio. Invece di essere, diciamo così, ossessionato dal bene, l’uomo rischia di essere ossessionato dal male. E l’attenzione a evitare il male, che di per sé è un connotato positivo, rischia di diventare evitare che qualcosa di male mi contamini. Anche questo è un passaggio importante, anch’esso purtroppo verso il basso. È il criterio che sta sotto non solo, come si è visto, a un certo modo di vedere le cose del popolo biblico, ma anche a un modo di vedere le cose non estraneo alla nostra mentalità: quello che vede il male come generato da forze ostili (malocchio, fatture, maledizioni) esterne a noi.
Il male è in primo luogo quello che commette l’uomo, non qualcosa che lo sporca dall’esterno. È qualcosa di interno, di interiore. È vero che c’è anche la sua origine diabolica (e infatti Gesù già dall’inizio della sua predicazione si scontra con questo aspetto), ma il male in noi è tale quando è fatto nostro, con una scelta libera e consapevole. Invece il popolo di Dio (non solo Israele, ma anche noi cristiani) a volte esteriorizza il male, ne fa qualcosa di sporco dal quale difendersi, dimenticandone l’aspetto di responsabilità personale. 
Una delle cose a cui il popolo biblico faceva maggiormente attenzione era il non contaminarsi. E causa di contaminazione era una serie innumerevole di cose, a partire dal maligno (e qui Gesù collabora), fino a qualunque tipo di malattia o di problema psichiatrico, e ancora giù giù fino agli animali e agli oggetti. Quando arriveremo al cap. 7 di Marco ne riparleremo. Anticipo però il testo, perché Gesù si spiega meglio di me:

Si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate ( i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti), quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:
Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e: Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti. E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo». Mc 7, 1-23

Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 


Gesù risponde alla richiesta del lebbroso assecondandola, e parlando di purificazione anche lui. Ma per Gesù la purificazione è un atto completo, che non interviene solo sull’impurità rituale, ma anche sulla malattia. Nell’episodio successivo, quello del paralitico, Gesù tirerà in ballo anche l’impurità morale, cioè il peccato.

E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».

Stranissimo: Gesù lo caccia via e gli impedisce di parlare. Esattamente come aveva fatto con lo spirito impuro nella sinagoga e con i demòni. Marco usa la stessa parola in tutti e due i casi. Perché questo atteggiamento di Gesù? È difficile rispondere, non lo conosciamo ancora abbastanza (se ci limitiamo al vangelo di Marco che stiamo leggendo. Ma è proprio questo che mi piacerebbe fare: partire da zero, mettersi nella stessa situazione di Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, che lo hanno appena conosciuto).  Gesù si arrabbia con quest’uomo perché anche lui è fissato con l’impurità? Oppure lo tratta bruscamente per intimorirlo e evidenziare quello che gli dice dopo: ‘non dire niente a nessuno’? E perché gli ordina di non parlare? Ormai la sua fama si stava già diffondendo, che senso aveva ormai dire a uno solo di non divulgare la notizia?
Tutta la città era riunita davanti alla porta. Mc 1, 33
Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Mc 1, 37
Gesù non voleva che si sapesse che lo aveva toccato? Potrebbe essere. Gesù toccando un impuro, secondo la legge di Mosè si era reso impuro anche lui, e a sua volta avrebbe reso impuri tutti coloro che lo avrebbero toccato. Ma allora perché aveva toccato il lebbroso? La questione è molto complicata, ma interessante, perché cominciano ad emergere degli indizi riguardo all’identità di Gesù. Il primo è nascosto nel gesto stesso di Gesù di toccare il lebbroso. Secondo la legge di Mosè chi toccava un impuro diventava impuro. Ma Gesù toccando l’impuro lo purifica. Ma allora chi è Gesù? I sacerdoti da cui Gesù invia il lebbroso non potevano purificare della lebbra, ma solo accertare che il lebbroso fosse guarito, quindi dichiarare che non era più impuro. Ma Gesù fa qualcosa di più: guarisce la lebbra. Quindi Gesù è ben più dei sacerdoti. Ma se, oltre alla fama, Gesù si portasse con sé anche una dichiarazione pubblica di impurità non potrebbe più fare nulla. Ecco allora forse perché Gesù non vuole che questo lebbroso faccia sapere in giro quello che Gesù ha fatto. Quello che dice Marco subito dopo infatti potrebbe essere un indizio di questo timore di Gesù:


Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Il lebbroso ha diffuso la notizia, e Gesù deve (o preferisce) stare fuori delle città, come era imposto a chi era impuro:

Il lebbroso … sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento». Lv 13, 45-46

L’episodio successivo si svolgerà di nuovo a Cafarnao, in casa, dopo alcuni giorni. Gesù ha constatato che nessuno ha fatto caso al particolare dell'aver toccato il lebbroso, quindi ritiene di poter entrare in città senza commettere scandalo? Oppure aspetta fuori della città fino a che il lebbroso non sia stato dichiarato guarito e purificato dai sacerdoti?


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