lunedì 27 febbraio 2012

berlicche 11

Mio caro Malacoda,
è evidente che tutto va bene. Godo soprattutto di sapere che i due nuovi amici gli hanno fatto ora conoscere tutta la compagnia. Son tutta gente, come ho potuto controllare dall’archivio, sulla quale si può fare completo affidamento: beffardi e solidamente mondani e sicuri che, senza delitti spettacolari, progrediscono quietamente e comodamente verso la casa di Nostro Padre. Tu parli di loro come di grandi ridanciani. Voglio sperare che ciò non significhi che tu abbia l’impressione che il riso in quanto tale sia in nostro favore. Val la pena di rivolgere l’attenzione su questo punto. Io divido le cause del riso umano in: gioia, allegria, scherzo e volubilità. La prima la troverai tra amici e persone che si vogliono bene, riuniti alla vigilia di un giorno di festa. Tra le persone adulte si presenta di solito qualche pretesto simile agli scherzi, ma la facilità con la quale il minimo motto di spirito produce il riso in un dato momento è una prova che la vera causa non sono gli scherzi. La vera causa noi la conosciamo. Qualcosa di simile viene espresso in molta di quell’arte detestabile che gli esseri umani chiamano Musica, e qualcosa di simile ha luogo in Cielo: un’accelerazione priva di senso nel ritmo dell’esperienza celeste, completamente opaca per noi. Un riso di questo genere non ci porta nessun vantaggio, e dovrebbe essere sempre sconsigliato. Inoltre quel fenomeno è in se stesso disgustoso, così come è un diretto insulto al realismo, alla dignità e all’austerità dell’Inferno.
L’allegria è strettamente associata alla gioia; è una specie di spuma emozionale che sorge dall’istinto del gioco. È di pochissima utilità per noi. Può essere, naturalmente, usata talvolta per allontanare gli umani da qualcosa che il Nemico desidererebbe far loro sentire o fare, ma in se stesse le sue tendenze sono assolutamente indesiderabili: promuove l’altruismo, la contentezza, e molti altri mali.
Lo scherzo propriamente detto, che sorge dall’immediata percezione di una incongruità, è un campo molto più promettente. Non intendo parlare in primo luogo dell’umorismo indecente e immorale, che spesso disillude nei suoi risultati, benchè tentatori di second’ordine ne abbiano una grande fiducia. La verità è che su questo argomento gli esseri umani sono abbastanza chiaramente divisi in due classi. Vi sono quelli per i quali nessuna passione è tanto seria quanto la lussuria, e per i quali una storiella indecente cessa di produrre un senso di lascivia proprio quando diventa ridicola. Mentre in altri il riso e la lussuria vengono eccitati nello stesso momento e dalle stesse cose. Il primo genere scherza sul sesso per le molte incongruenze che suscita; i secondi coltivano le incongruenze in quanto offrono un pretesto per parlare del sesso. Se il tuo uomo è del primo tipo, l’umorismo indecente non ti servirà a nulla (non dimenticherò mai le ore perdute, ore per me di tedio insopportabile, con uno dei miei primi pazienti nel bar e nelle sale per fumatori prima che sapessi di questa regola). Cerca di scoprire il gruppo al quale appartiene il tuo paziente, e procura che egli non lo scopra. L’utilità reale degli scherzi o dell’umorismo consiste in una direzione completamente diversa, e promette bene particolarmente tra gli inglesi, i quali prendono talmente sul serio il loro senso dell’umorismo che una insufficienza in questo senso è quasi l’unica insufficienza della quale sentano vergogna. L’umorismo è per loro la grazia vitale che porta ogni consolazione e (nota bene) ogni scusa. È quindi eccezionale come mezzo per distruggere la vergogna. Se uno lascia che gli altri paghino per lui, è avaro; ma se se ne fa un vanto in modo scherzoso e rinfaccia ai suoi simili di aver fatto le spese per lui, non è più avaro, ma è un tipo ameno. Essere vile semplicemente è vergognoso; esserlo gloriandosene con esagerazioni umoristiche e gesti grotteschi è cosa sulla quale si può passare sopra come divertente. La crudeltà è cosa vergognosa, a meno che l’uomo crudele la possa presentare come uno scherzo fatto a un’altra persona. Mille scherzi indecenti e magari blasfemi non sono di aiuto per la dannazione di un uomo tanto quanto la scoperta che quasi ogni cosa che desidera fare può farsi, non soltanto senza la disapprovazione, ma con l’ammirazione dei suoi simili, se soltanto si riesce a farla in modo che la si tratti come uno scherzo. Questa tentazione può rimanere quasi totalmente celata al tuo paziente grazie alla serietà inglese riguardo all’umorismo. Qualsiasi dubbio che ve ne possa essere troppo può essergli presentata come ‘puritana’ o come prova di ‘mancanza di umorismo’.
Ma la volubilità è la migliore di tutte queste cose. In primo luogo è molto economica. Soltanto un essere umano intelligente può fare del vero spirito sulla virtù e, a dire il vero, su qualsiasi altra cosa; invece qualsiasi uomo lo si può educare a parlare come se la virtù fosse ridicola. Tra la gente volubile si ritiene sempre che lo scherzo sia stato fatto. Nessuno, in realtà, lo fa; ma ogni argomento serio viene discusso in modo tale che si suppone di averne già trovato il lato ridicolo. Se viene prolungata, l’abitudine di fare il chiacchierone leggero e volubile costruisce intorno a un uomo la più fine armatura contro il Nemico che io conosca, ed essa è completamente libera dai pericoli che si accompagnano alle altre fonti del riso. È lontana mille miglia dalla gioia, ottunde l’intelletto invece di renderlo acuto, e non eccita affetto alcuno tra coloro che la praticano.

Tuo affezionatissimo zio

Berlicche


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