venerdì 11 novembre 2011

stoltezza e saggezza



Prima premessa:
la settimana scorsa abbiamo celebrato la festa di tutti i Santi, che tra le altre cose ci ha ricordato ancora una volta che noi viviamo nella prospettiva della resurrezione e della vita eterna. Ci fa sempre bene ricordarlo, non solo perché apre un orizzonte molto più vasto alla nostra esistenza, ma anche perché ci aiuta a dare un senso preciso alla nostra vita presente. La resurrezione non è solo una cosa di cui mi occuperò, eventualmente, dopo la mia morte. Il modo della resurrezione dipende (e ce lo ha proprio ricordato la festa dei Santi) dal mio modo di vivere oggi.

Seconda premessa:
nel commento al testo degli invitati alle nozze avevo citato questo brano delle dieci ragazze come uno degli esempi in cui compariva la figura dello sposo senza la sposa. Laggiù la sposa la si intravedeva negli invitati, qui la vedremo nelle dieci ragazze che attendono lo sposo.

Mettendo insieme le due premesse mi verrebbe da dire: ma guarda, la vita terrena che prepara la vita eterna (che inizia con il momento della resurrezione) ricorda il fidanzamento che prepara la vita insieme (che inizia con il momento del matrimonio). Sarà per questo che san Paolo scrive questa cosa collegando due cose che apparentemente non centrano nulla?

Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Ef, 5, 31-32

dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo.


Nella Bibbia il numero 10, insieme al 1000, a volte rappresenta un gruppo definito di persone, e per estensione il popolo stesso di Israele. Bisogna però fare molta attenzione nell’interpretare i numeri, perché i criteri stessi degli scrittori dei testi biblici sono diversi, e a volte un numero significa semplicemente un numero, mentre altre volte ha un significato preciso, che però non sempre siamo in grado di chiarire. Inoltre ai numeri si può far dire di tutto.


Tornando seri, Gesù sta raccontando una parabola, quindi possiamo supporre che il numero che usa abbia un significato preciso, che rimanda quindi al ‘gruppo di persone’, quindi in senso lato alla comunità dei credenti a cui si rivolge. Per semplificare, anche se è rischioso, facciamo che questa ‘comunità dei credenti’ sia identificata con la Chiesa Cattolica, perché in realtà non esiste una ‘comunità’ che raccolga tutti i credenti di tutti i tipi.
Dell’assenza della sposa ho già accennato.

Cinque di esse erano stolte e cinque sagge;

Dei cattolici, metà sono stolti, e metà saggi. Interessante. Tornando un attimo al numero dieci, se le nostre due mani con le loro dieci dita collaborano riescono a svolgere bene il loro compito. In caso contrario si intralciano, si ostacolano, e l’opera non viene bene. Come in questo caso. La ‘sposa’ non è perfetta. La Chiesa non è perfetta. E la cosa interessante è che l’unico difetto che viene evidenziato tra i tanti possibili, è un difetto che può essere corretto. La stoltezza non è infatti come un limite intellettuale o fisico, che devi tenerti così com’è. Non è che metà della Chiesa è fatta di imbecilli. Ma forse è fatta di non-saggi, cioè di persone che potrebbero fare le bene le cose, ma non le fanno. Potrebbero tener conto di alcuni aspetti rivelati e insegnati da Dio, ma li snobbano. Un po’ come gli invitati dell’altra parabola.

le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi.

In cosa consiste la saggezza? Nell’intelligenza? Nelle doti personali? Nella simpatia? Nel titolo di studio? Pare di no. Ciò che distingue le une dalle altre è il saper pensare al futuro. Ma non solo nel senso di essere previdenti. Mi sembra ci sia di più, qui. Qual è il futuro di queste ragazze-sposa? È l’incontro con lo sposo, quindi il matrimonio, che non è solo lo sposalizio, ma tutta la vita insieme. In altre parole, mi sembra che Gesù voglia dire che è essenziale per noi non solo pensare al presente, ma vivere il presente come fidanzamento, come preparazione al futuro definitivo del nostro matrimonio con lui attraverso la resurrezione.
La stoltezza quindi è non dare importanza all’arrivo dello sposo, al pensare solo all’adesso, a se stessi, e non dare importanza a lui e alla vita eterna con lui. Qualcosa di simile a quello che era successo agli invitati alle nozze. Non solo avevano rifiutato (cosa che poteva essere una semplice scortesia), ma avevano sostituito lo sposo con i loro affari, dichiarando così lo sposo non importante per loro. Se non mi interessa lo sposo allora viene meno tutta la mia identità di sposa. Non sono più quello che dovrei essere. Potrei essere tanto ma mi accontento di essere poco. Non sono capace di guardare la mia vita in tutta la sua estensione, che è l’estensione che ci ha aperto Cristo con la resurrezione.

Il Padre ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. E' lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli. Col 1, 13-20

Inoltre, come vedremo dal finale, se lo sposo non mi interessa mi metto con le mie mani fuori dalla sua casa (che in quanto sposa è anche casa mia). Passando dal simbolo alla realtà che mi pare che Gesù voglia farci notare, se il matrimonio è la resurrezione e la vita insieme è la vita eterna, rifiutando il matrimonio rifiuto anche la vita insieme (non vi conosco).
 
Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.

Lo sposo tarda. Le ragazze dormono. Non tutto fila liscio. Lo sposo stesso non rispetta gli orari, non risponde alle nostre aspettative. Le ragazze (tutte, anche le sagge) non sono sempre attente e pronte. Si addormentano. Quante volte è successo anche a me di ‘addormentarmi’ spiritualmente, di perdere attenzione, di quasi dimenticarmi dello scopo della mia vita…

A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”.

Ecco il grande momento. In greco, la lingua dei vangeli, ci sono due termini per indicare il Tempo: chrònos e kairòs. Il Chronos è il tempo che scorre. Il Kairòs è il grande momento che dà senso a tutto il mio tempo.
Il Chronos è il tempo da riempire con qualcosa. È il tempo che dura un po’ e poi finisce.

La nostra vita è breve e triste;
non c'è rimedio, quando l'uomo muore,
e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi.
Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati.
E' un fumo il soffio delle nostre narici,
il pensiero è una scintilla nel palpito del nostro cuore.
Una volta spentasi questa, il corpo diventerà cenere
e lo spirito si dissiperà come aria leggera.
Il nostro nome sarà dimenticato con il tempo
e nessuno si ricorderà delle nostre opere.
La nostra vita passerà come le tracce di una nube,
si disperderà come nebbia
scacciata dai raggi del sole e disciolta dal calore.
La nostra esistenza è il passare di un'ombra
e non c'è ritorno alla nostra morte,
poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro.
Su, godiamoci i beni presenti,
facciamo uso delle creature con ardore giovanile!
Inebriamoci di vino squisito e di profumi,
non lasciamoci sfuggire il fiore della primavera,
coroniamoci di boccioli di rose prima che avvizziscano;
nessuno di noi manchi alla nostra intemperanza.
Lasciamo dovunque i segni della nostra gioia
perché questo ci spetta, questa è la nostra parte. Sap 2, 1-9


Il Kairòs è il senso del tempo, che sa riconoscere il momento importante, per cui vale la pena vivere, il momento da non lasciarsi scappare.

Come ti chiami, ragazzo che non vuole andare mai a scuola?
Mi chiamano Lupetto
Piccolo lupo del bosco – dice il Dio – mettiti sotto quel nocciolo umido di brina, e fai in modo di ascoltare il rumore delle stille che cadono. Fatto? Ora ti spiegherò una cosa fondamentale. Questo – dice – è un orologio per il mondo di fuori.
E tira fuori una cipolla meravigliosa, di acciaio brunito con un disegno di stelle e di pesci …
È meraviglioso – dico io.
Il diavolo ne ha di più belli … ma anche questo non è male. Questo è l’orologio che segna il tuo giorno cosiddetto normale: quello del far tardi a scuola, dell’alzarsi presto, delle ore che non passano mai, dei calendari, del lei guarirà in dieci giorni, del lei morirà tra sei mesi, dei moti stellari, delle maree e delle partite di calcio. Ma attenzione!
Il signor Dio ingoia l’orologio in un boccone
Ora ascolta
E io ascoltai il ticchettio delle gocce che cadevano dal nocciolo.
Ecco, questo è il rumore dell’orologio dentro. Questo misura un tempo che non va diritto, ma avanti e indietro, fa curve e tornanti, si arrotola, inventa, si rimette in scena. È un tempo che non puoi misurare né coi cronometri, né col più sofisticato astromacchinario. È il tempo tuo, misura la tua vita che è unica, e quindi è diverso dal mio e da quello di Gabriele, il mio emerito cane.
Il cane si inchinò e vidi che aveva un orologio alla zampa.
Non ti spaventare, ma tu vivrai sempre con due orologi, uno fuori e uno dentro. Quello fuori ti sarà utile per non fare tardi a scuola, quando aspetti la corriera e il giorno che muori, per calcolare quanto hai vissuto. L’altro, che comprende centosettantasei tempi protologici, novanta escatologici, e trentasei tempi romanzati caotici, l’hai ingoiato da piccolo, anche se non ricordi…
Stefano Benni - Saltatempo

Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.

È un’azione che non esprime solo i preparativi immediati (le ragazze che si svegliano e in tutta fretta recuperano e accendono le lampade), ma che funziona solo se i preparativi sono stati fatti bene prima. Non basta svegliarsi all’ultimo momento. Posso anche avere un momento di sonnolenza spirituale, ma se a tempo debito ho provveduto al necessario, non ho problemi a recuperare l’attenzione. In caso contrario la luce della mia lampada si spegne, non è stata curata, non ho saputo individuare e preparare il grande momento, e quando arriva non sono pronto.

Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.

Il proprio ‘olio’, il proprio carburante, è personale, è ciò che ho provveduto perché la lampada della mia vita sia accesa, quindi indichi che non mi sono dimenticato dello sposo. La lampada accesa è il segno della propria partecipazione: io ci sono, sono pronto. Anche se lo sposo tarda, anche se lo sposo non arriva, io sono pronto per lui, perché è lui che mi interessa. È vero che l’attesa può allentarsi, e io addormentarmi, ma questo è il segno della mia debolezza, dei miei limiti, non del mio poco amore. Io ti amo, Signore, ma non riesco sempre a essere sveglio e attento. Però voglio essere pronto quando arrivi, in qualunque momento questo avvenga.

Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”.


Le stolte hanno perso il kairòs, il momento buono, perché non hanno saputo gestire bene il chronos, il tempo che avevano a disposizione.

la luce della lampada non brillerà più in te;
e voce di sposo e di sposa non si udrà più in te. Ap 18, 23

Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.

Questa affermazione sottolinea una mancanza totale di rapporto. Non è solo l’errore di un momento, l’assopimento o l’essere stati presi alla sprovvista. ‘Non vi conosco’ significa che non c’è mai stato incontro, che non c’è mai stato fidanzamento. E non ci si sposa con qualcuno che non si conosce, che non è mai stato realmente innamorato.
Le sagge sono state tali perché davvero innamorate, e ora che arriva il grande momento sono pronte. Il matrimonio si può celebrare, la vita insieme può iniziare.

Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, 
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più « Abbandonata », 
né la tua terra sarà più detta « Devastata »,
ma tu sarai chiamata « Mio compiacimento » 
e la tua terra, « Sposata »,
perché si compiacerà di te il Signore 
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine, 
così ti sposerà il tuo creatore;
come gioisce lo sposo per la sposa, 
così per te gioirà il tuo Dio. Is, 62, 1-5

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