lunedì 11 luglio 2011

il seminatore

Mt 13, 1-23 

Il seminatore uscì a seminare.

Questa parabola parla degli effetti della Parola di Dio.
Il seminatore semina la Parola (Mc 4, 14).
Se Dio ha parlato è importante non lasciarsi scappare nulla di quello che ha detto. Non dimentichiamo che nelle parole di Dio non ci sono solo indicazioni morali e operative. Ci sono anche rivelazioni su Dio e sull’uomo. E la Parola di Dio ha un peso e un’efficacia diversa dalle semplici parole umane attraverso le quali passa:
Come la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata. Is 55, 10-11
Il seme ha come scopo quello di produrre una pianta. Ma per fare questo occorrono delle condizioni particolari. Non basta che ci sia un seme perché una pianta prenda vita. Occorre che venga seminato, e seminato nel terreno adatto.


una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono.

La prima situazione che viene presentata è quella della non comprensione. Il seme cade sulla strada. Niente piante germogliate dal seme. La Parola viene pronunciata, ma l’uomo non la capisce. Nella spiegazione data da Gesù
“Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada”.
Il maligno è la sintesi di tutti i fallimenti. Nel caso della Parola il fallimento è doppio: di chi la dovrebbe ricevere (il terreno), che non produce nulla, e della Parola stessa (il seme), che non può svilupparsi. Il male è totale: fallisce la parola, fallisce l’ascoltatore. E quando il male è totale è il maligno a vincere. Il rapporto che potrebbe crearsi tra Dio e uomo non avviene. Perché manca uno dei due: Dio parla ma non c’è nessuna reazione da parte dell’ascoltatore. Non si instaura quindi nessuna relazione personale tra Dio e l’uomo. Dio e l’uomo sono divisi, separati. Il separatore, il ‘diabolon’ (dal greco dia-ballo, separo, divido) ha vinto. Su questo primo momento della parabola occorrerà tornare, e lo farà anche Gesù: perché la Parola è ascoltata ma non compresa?

Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò.


Nel secondo caso si assiste a un passo in avanti. La Parola è ascoltata e anche accolta con gioia. Il seme germoglia. C’è del terreno adatto. Però la pianta non arriva a portare frutto. Nella spiegazione:
“Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno”.
In questo caso l’ostacolo al portare frutto è la difficoltà dell’ascoltatore nel gestire le conseguenze della relazione con Dio. Dio mi ha insegnato o rivelato delle cose, ma queste cose sono difficili. Le ho ascoltate, ma non le realizzo. La pianta cresce, ma non porta frutto, e infine si secca.

Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono.

Il seme germoglia. Ma anche stavolta non arriva a portare frutto. L’ostacolo in questo caso è la concorrenza. Nella spiegazione di Gesù:
Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto”.
La relazione si crea, l’ascolto si realizza, ma l’ascoltatore ha altre cose da fare (preoccupazione del mondo) e ha altre cose che attraggono il suo interesse (la seduzione della ricchezza). Mentre nel caso del seme sul terreno sassoso l’ostacolo è intrinseco all’ascoltatore e in qualche modo inevitabile (fare la volontà di Dio può essere difficile, faticoso, impegnativo), in questo caso l’ostacolo è esterno: mettere in pratica la Parola non solo è difficile, ma si scontra con interessi contrastanti.

Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».


L’ultima situazione è quella del seme che cade sul terreno buono e la pianta generata dal seme porta il suo frutto:
“Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno”.
Solo in questa situazione il frutto viene generato. Solo ora il seme e la sua semina ottengono il risultato. E se il seme è la Parola, solo nel caso in cui si crea una collaborazione tra Dio e l’uomo, tra la Parola e chi la ascolta e la mette in pratica, la Parola porta i suoi risultati. Molto interessante questa fiducia che Dio dà all’uomo: la Parola che potrebbe fare da sola non fa nulla se l’uomo non collabora. E se c’è questa collaborazione il risultato è enorme: trenta, sessanta, anche cento semi per una sola pianta.

La parabola si conclude. L’immagine che aiuta a riflettere sui vari aspetti dell’ascolto è completa. Ma occorre ancora approfondire due aspetti.
Il primo è capire il motivo per cui Gesù parla in parabole, visto che la cosa secondo quello che dice lui stesso è più complessa di quanto si creda.
Il secondo è capire i meccanismi della non comprensione della Parola.
In fondo il secondo e il terzo esempio, il seme sulle pietre e il seme tra i rovi, individuano una responsabilità da parte dell’ascoltatore. La Parola viene ascoltata, ma non si ha la volontà o il coraggio di metterla in pratica. Invece il primo esempio, il seme sulla strada, illustra la situazione in cui la Parola viene ascoltata, ma non compresa. E questa non comprensione può dipendere dalla cattiva volontà dell’ascoltatore (non si è preparato), ma può essere anche colpa di chi la propone. Se Dio dice una cosa incomprensibile, è colpa dell’uomo se non viene capita?

Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.

Molto misteriose queste parole di Gesù. Molto strane. Verrebbe da pensare che le parabole servano a spiegare cose difficili in modo facile e comprensibile a tutti, anche ai piccoli:
Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. (Mt 11, 25)
Gesù vuol dire che chi non vuole ascoltare, neppure se gli dicono le cose nel modo più semplice non capirà? Oppure che chi s valuta sapiente e dotto rischia di non capire più le cose di Dio? Oppure è proprio Dio che non vuole che capiscano?

Innanzitutto mi sembra che Gesù con questa parabola stia presentando una graduatoria, una molteplicità di livelli nel confronto con la Parola.

Un primo livello è quello dei quattro terreni.
Il seme viene seminato su tutti, ma i risultati sono diversi, in base alla volontà di ascolto di chi riceve: Seme sulla strada = incomprensione totale: la pianta non cresce. Ma questo aspetto va chiarito.
Seme tra le pietre = ascolto senza impegno: la pianta cresce, ma muore e non porta frutto.
Seme tra le spine = ascolto distratto: la pianta cresce, ma muore e di nuovo non porta frutto.
Seme sulla terra = ascolto completo: la pianta cresce e porta frutto.


Un secondo livello si ferma sull’ultimo terreno
L’esito diverso dipende in questo caso dalla capacità di ascolto: la Parola non è magia che agisce per conto suo, ma si ‘mescola’ diciamo con la situazione di chi la riceve, per cui lo stesso messaggio ottiene esiti diversi perché chi lo riceve ha diverse capacità. Tutte le ‘terre buone’ ce la mettono tutta, ma le diverse capacità di ciascuno portano a esiti diversi. Sempre però in questo caso il seme porta frutto.

Un terzo livello è riferito alla diversa situazione di chi è vissuto prima di Cristo e di chi è vissuto dopo
L’esito diverso dipende in questo caso dalla possibilità di ascolto:
“molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!”.
Come dire: a voi è stato dato un dono grande, rendetevene conto. Loro non l’anno avuto e questo in qualche modo li giustifica, ma voi il dono della Parola lo avete ricevuto eccome, non lasciatevelo scappare, non rendetelo inefficace.

Un quarto livello mi pare si fermi a esaminare il primo dei terreni.
“parlo loro in parabole… perché non vedono, non ascoltano e non comprendono”. Qui il riferimento non è alla volontà di ascolto, perché nella spiegazione della parabola, in riferimento al seme sulla strada, viene detto:
uno ascolta la parola del Regno e non la comprende’.
Quindi l’ascolto c’è, manca la comprensione. Perché? Credo manchi la preparazione all’ascolto.
“Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”.
Mi viene in mente ancora una volta un’altra parabola, quella del ricco e del povero, che si conclude così:
[il ricco dice ad Abramo]: “padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”». Lc 16, 27-31
‘Il cuore di questo popolo è diventato insensibile’, dice Isaia. Mi sembra una sottolineatura molto importante. L’ascolto della Parola non è solo una questione di volontà di ascoltarla e metterla in pratica, o di doti personali che facilitino l’ascolto, o di condizioni esterne all’uomo che la rendano possibile (in primis la Parola stessa di Dio: se Dio non parla l’uomo, per quanto abbia buona volontà, non può ricevere nulla). È anche una questione di allenamento, di impostazione di vita. Se io vivo costantemente lontano da Dio, se il mio cuore è continuamente dedicato ad altro o ad altri, se vivo continuamente a livello del suolo e mi occupo solo di questioni immediate e materiali, il mio cuore si indurisce, diventa incapace di percepire la presenza e la parola di Dio. Posso avere le capacità, la possibilità, la volontà di ascoltarla, e la ascolto davvero. Però non la capisco più.




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